[10/10/2007] Consumo

Il futuro delle nanotecnologie per la riduzione dei flussi di materia?

LIVORNO. La tecnologia è recente, ma in quattro anni le nanotecnologie innescate dalle tecniche e dagli strumenti della microelettronica, stanno acquisendo postazioni di tutto rispetto nella scena industriale a livello globale. E non più relegati solo nella sfera della ricerca, i prodotti di consumo che incorporano le nanotecnologie sono passati dai 212 a 475 nel corso di un solo anno, dal 2006 ad oggi. I campi di applicazione risultano assai variegati: vanno dalla salute all’elettronica, passando per il tessile e trovano sempre più spazio anche nel campo ambientale.

Le nanotecnologie consentono infatti di ottenere nuovi prodotti a basso impatto ambientale nell’ambito dei dispositivi elettronici; plastiche a basso impatto ecologico; rivestimenti anti-corrosione; compositi più leggeri e più strutturati per mezzi di trasporto e nuovi processi di produzione a migliore efficienza energetica, come lo sviluppo di nuovi prodotti e nuove formulazioni, e di catalizzatori più efficienti.
Insomma una frontiera importante in cui il settore della chimica può trovare una interessante “rinascita”, con impatto interessante anche da un punto di vista economico.
Ne abbiamo parlato con Laura Niccolai, coordinatrice del progetto Nic di Federchimica, che ha organizzato la 1° conferenza nazionale sulle nanotecnologie.

In cosa consiste il progetto Nic e quali sono le prospettive?
«Il progetto nasce da Federchimica e esprime la volontà di alcuni degli associati di comprendere quale sia la realtà industriale interessata al settore. E ha fatto un censimento di quali prodotti e quali applicazioni potrebbero interessare le industrie italiane e quali sono i passi da fare per garantire che non vi siano impatti ambientali. Potenzialmente le nanotecnologie sono in grado di aprire nuove prospettive di vantaggi economici, sociali e ambientali e sono propulsori di innovazione. La filiera parte dai materiali e si sviluppa sino al prodotto finito».

In Italia esistono già sia prodotti che tecnologie che possono accedere al mercato?
«Le nanotecnologie costituiscono l’insieme dei metodi e delle tecniche che consentono la caratterizzazione e la manipolazione della materia su scala nanometrica, partendo da sostanze che esistono già nell’ambiente. Solo che si ritrovano in forma aggregata e sino ad ora non vi era la possibilità di poterle determinare. Ad esempio il nano titanio, viene usato in polvere ma la ricerca va e deve andare verso un uso in forma liquida con interessanti applicazioni in campo ambientale, che vanno dalla depurazione delle acque, dell’aria, all’attività antibatterica sulle superfici. Ma il settore più interessante è quello del fotovoltaico, dove l’utilizzo del nano titanio ad alta area superficiale può permettere di produrre un pannello a costo inferiore dell’attuale».

Oltre ad avere applicazioni importanti per l’ambiente possono avere anche un valore strategico nella riduzione del consumo delle materie prime?
Questo dal mio punto di vista è l’aspetto di maggiore interesse. Poter utilizzare una tecnologia che permette di produrre con minor consumo di materiali e di energia è sicuramente un importante obiettivo. E su questo ci stanno lavorando già grandi aziende come la Fiat, che avrebbe indubbiamente vantaggi economici dall’applicazione massiva e diffusa delle nanotecnologie. Ma anche il settore delle telecomunicazioni, che potrebbe ottenere una riduzione dei transistor a fronte di un maggior numero di dati incamerati, ad esempio».

Ma quali sono i tempi di sviluppo di queste nanotecnologie?
«Ad oggi esiste abbastanza poco, non solo in Italia, ma anche nel resto del mondo. Si prevede uno sviluppo da qui a cinque anni. Il mercato globale nel 2006 era attorno ai 60 miliardi di dollari, ma le previsioni stimano che si arrivi a 1000 miliardi di dollari dopo il 2015. E uno dei settori di grande evoluzione potrebbe essere quello medico per la farmaceutica e la diagnostica».

In Italia quali sono le aziende che più ci lavorano?
« Fiat come ho già detto, Bayer, Pirelli per aumentare le performances delle proprie gomme, Colorobbia che ha prodotto il nano titanio, che ha spiccate potenzialità in campo ambientale sia per la possibilità delle minime quantità impiegate, sia per le applicazioni, sia per i ridotti impatti. Tra l’altro non ha caratteristiche di tossicità né di irritabilità».

Tutta ricerca che parte da iniziativa privata?
«Sì perché in Italia non solo non ci sono finanziamenti strutturati, ma non abbiamo nemmeno una strategia di orientamento, come esiste in tutti i paesi del mondo, compreso l’Iran. Noi abbiamo chiesto come Federchimica come dobbiamo orientarci, anche per intraprendere correttamente iniziative per garantire gli aspetti tossicologici e ambientali. Ma è tutto lasciato alla libera iniziativa. Tra l’altro avere un piano nazionale guiderebbe anche le iniziative di controllo, che al momento non esistono».

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