[08/10/2007] Energia

Gli Sgarbi all´eolico e il nodo dell´energia

LIVORNO. Dopo la promozione urbi et orbi del nucleare da parte dell´oncologo Veronesi, il difficile e complesso tema dell´energia è diventato da un po´ pane per i denti anche del critico d´arte Vittorio Sgarbi, nelle vesti stavolta di paladino senza macchia contro l´eolico. «Lupi mascherati da agnelli - dice l´ex ministro dei beni culturali sulle colonne del Giornale - vandali dall´aspetto civile sotto i marchi di Legambiente e di Greenpeace chiedono di continuare l´azione devastatrice del paesaggio contro due sacrosanti decreti che limitano la diffusione degli impianti eolici».

I due «sacrosanti decreti» indicati da Sgarbi sono proprio la materia del contendere di questa ennesima puntata sul tema dell´energia dal vento e del suo impatto - in positivo e in negativo - sull´ambiente. Si tratta del decreto legge 16 agosto 2006, n.251 in materia di conservazione della fauna selvatica che vieta la realizzazione di impianti nelle zone a protezione speciale (Zps) e il decreto legislativo approvato il 12 Settembre 2007 che impone la Valutazione di Impatto ambientale nazionale per gli impianti eolici di potenza superiore ai 20MW.

Sgarbi le definisce due «norme illuminate» contro i «mostruosi falli a elica». Una valutazione che fa prendere all´attuale assessore del Comune di Milano una posizione a favore del ministro Pecoraro Scanio. Difeso anche dal Wwf che, pur restando favorevole all´eolico, ritiene le polemiche in atto tra ministro, Greenpeace e Legambiente «dannose e controproducenti».

«Abbiamo lamentato per anni - ha detto Michele Candotti, segretario generale del Wwf - un vuoto normativo in materia di governo del territorio, da anni sollecitiamo un piano energetico nazionale che doti finalmente il paese di una prospettiva di lungo termine che guidi gli investimenti nel settore, da anni invitiamo il governo a stare al passo con l´Europa e a recepire le principali direttive in materia ambientale ora, in presenza, finalmente, dei due primi, iniziali, e tanto attesi provvedimenti del Ministero dell´Ambiente, che riguardano la Rete Natura 2000 e, in particolare, la tutela delle ZPS (Zone a Protezione Speciale), non coltiviamo liti e polemiche, sono controproducenti e non ci offrono una minima soluzione rispetto alle emergenze in atto».

«Il decreto è un primo tassello di recepimento in Italia della direttiva comunitaria Habitat - ha proseguito - serve a fornire finalmente un quadro normativo certo, a ridurre incertezze ed equivoci normativi e ad indirizzare la gestione di queste importanti aree di tutela in modo rigoroso e tecnicamente fondato. Tutti questi atti servono a dare certezze, ad evitare proprio quel far west normativo che ha alimentato finora gravi conflitti locali sulla gestione delle aree Natura 2000 e sulla localizzazione degli impianti energetici. E queste norme non possono essere viste come anti-eolico, non possono essere viste come un ostacolo agli investimenti in energie alternative, delle quali l´Italia ha assoluto bisogno».

«Soprattutto - ha concluso - ci interessa che la strada intrapresa dal ministero con questi due provvedimenti continui, con la piena partecipazione dell´intera società civile: non è plausibile e credibile continuare a riporre l´onere negoziale della localizzazione degli impianti eolici e di altri impianti energetici sulle singole aziende, o, peggio, sulle singole comunità di cittadini».

Senza entrare nel merito dei due decreti, osserviamo alcune contraddizioni che lasciano perplessi: il ministro Pecoraro Scanio fa due decreti, contro i quali prendono subito posizione Greenpeace e Legambiente: “Ferma i tuoi provvedimenti che ostacolano l´eolico”. Il ministro risponde di essere invece favorevole all’energia dal vento e gli arriva però il plauso dell’anti-eolico Sgarbi (come definire altrimenti uno che parla degli areogeneratori come di “macchine insolenti” di “inaudita violenza”). Mentre il Wwf, come detto, difende le due norme di Pecoraro, chiede di smetterla con le polemiche, ribadisce la necessità dell’energia dal vento e auspica ulteriori interventi in materia del ministro per far partecipare di più le popolazioni a questo tipo di decisioni (come appunto la collocazione degli impianti eolici).

Nel frattempo, sempre sul tema dell’energia, il raddoppio del rigassificatore di Panigaglia è stato bloccato e così anche l’iter autorizzativo per quello di Brindisi. L’Italia che va soprattutto a gas ha quindi problemi: sia per approvvigionarsi in modo alternativo di questa fonte che è l’unica (in questa fase) che permette di non dover usare più carbone o tornare al nucleare; sia a far decollare le fonti alternative rinnovabili impelagandosi (dal basso e dall’alto) in leggi e discussioni sul chi deve decidere che non portano ad azioni concrete; sia a scegliere dove accentrare le risorse economiche per la ricerca, altra discussione infinita. Il guaio, però, è che in questa situazione hic et nunc bisognerebbe trovare la strada per cominciare il progressivo abbandono delle fonti fossili per contrastare il global warming e l’inquinamento dell’aria tout court (protocollo di Kyoto). Servirebbe un piano energetico nazionale: appunto, ma si ha problemi anche a fare quello.

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