[14/03/2006] Consumo

Sostenibilità ambientale, equità sociale, dinamismo economico

LIVORNO. Continua il confronto proposto da greenreport sui grandi temi toscani della crescita e della sostenibilità, inaugurato con l´intervista al presidente della Regione Claudio Martini e proseguito con gli interventi di Silvestri, Marchiani, Gatteschi, Cecchi. Oggi è la volta di Giovanni Doddoli, presidente della Legacoop della Toscana, al quale abbiamo rivolto le stesse domande.
Tutte le analisi convergono del delineare la Toscana come regione in stagnazione-recessione economica. Il gruppo di studio "Toscana 2020" prevede un futuro di low groth (crecita bassa). In questa situazione alcuni parametri, come l´occupazione, sembrano, almeno al momento, andare in controtendenza (Istat). Lo stato dell´ambiente invece, sembra non svincolarsi dalla tenaglia fra salvaguardia e degrado e di non saper imboccare la strada dell´ecoefficienza. Quantità e qualità dello sviluppo, anche in toscana, sono in continuo cortocircuito (infrastrutture, rifiuti, industria, turismo). Qual è la chiave secondo Lei, se ce n´è una, per sintonizzare quantità e qualità; sostenibilità ambientale, sociale ed economica?
«Quantità e qualità sono termini non contraddittori di un binomio che connota ormai la nostra vita dedita a ricercare e promuovere qualità e accessi sempre più estesi ai diritti, alla ricchezza, al benessere individuale e collettivo.
Lo sviluppo non può che avere questa cifra che ben si sostanzia nei caratteri di sostenibilità ambientale, di equità sociale, di dinamismo economico. La questione è se e quanto le nostre condizioni di vita siano oggi migliori di anni fa e in quale modo si debbono garantire per il futuro i risultati comunque raggiunti.
Se il peggioramento del potere di acquisto e dei salari, dei profitti, del tasso di crescita, sono ormai evidenti, così come la capacità competitiva, pure nella nostra Regione, non cresce, non di meno si tratta di innalzare nuovi argini contro la precarietà che può farsi declino.
Si deve riprogettare questo Paese, si deve contribuire a questa sfida mettendo al servizio di nuovo sviluppo una economia Regionale fatta di sistemi industriali locali, di territori ad elevata coesione sociale, di servizi innovativi dentro i cambiamenti introdotti dalla globalizzazione e, insieme, facendo evolvere in senso innovativo le imprese e i loro assetti proprietari, sostenendo gli investimenti in ricerca e innovazione, stabilizzando il lavoro, liberalizzando le gestioni dei servizi pubblici per garantire agli utenti, imprese e cittadini, il diritto elementare alla libera scelta di acquisto. Servono leggi e politiche coraggiose in questo senso. Servono buone pratiche imprenditoriali, più attente allo sviluppo dei territori, per questo l’esperienza cooperativa torna utile, anzi essenziale, per affermare ulteriori esperimenti di democrazia economica».

Un grande pensatore del secolo scorso ebbe modo di rilevare che la quantità senza la qualità è possibile, l´opposto non è possibile. Ma è possibile pensare e pianificare una crescita quantitativa dell´economia illimitata, sia pure di qualità?
«Si tratta di costruire ogni volta l’equilibrio di una sostenibilità non definita una tantum, ma ricercata e perseguita con rigore e consenso.
Le pratiche concertative (e il governo della complessità) sono antiteche al concetto “illimitato” perché chiamano i protagonisti a misurarsi con obiettivi possibili, risorse e ruoli. Insomma una crescita diffusa è possibile solo nella democrazia e nelle regole, viceversa, ne viene negata dalle logiche illusorie degli istinti selvaggi che finiscono per accumulare, in modo distorto, la ricchezza alimentando nuovi conflitti».

Le discussioni sulla crescita economica sono sempre e comunque basate sulla misurazione attraverso lo strumento del Prodotto interno lordo (PIL).
Quasi tutti sono consapevoli della incapacità di questo strumento a misurare il livello di benessere e di qualità della vita complessiva (si sommano i mali con i beni). Tuttavia un analogo strumento per misurare la sostenibilità delle attività economiche e dell´uomo sulla natura non è ancora stato attivato ( o non è utilizzato). Bilanci ambientali, Contabilità ambientale, V.A.S. , Agende XXI, non si incrociano, né si integrano minimamente con le scelte economiche. Il dibattito ( e anche la lotta politica) è strabica: sull´economia si discute in termini di indicatori e di numeri, sull´ambiente si discute in termini politico-filosofici e di punti di vista astratti da misurazioni. Come si fa a discutere di quantità della crescita se non sappiamo quanta aria, quanta acqua, quanto territorio, quante risorse abbiamo a disposizione? Come si fa a far uscire dalle secche dell´ideologia il concetto di sostenibilità se non si sa qual è il limite oltre il quale c´è l´insostenibilità? Non sarebbe il caso che la discussione sul prossimo PRS si facesse partire da come si recupera questo deficit di conoscenza?. Cioè dallo stabilire quali sono i limiti entro i quali deve svilupparsi la crescita economica e, quindi, dove si ritiene prioritario sviluppare scelte di qualità per non superare questi limiti? Non sarebbe il caso di affiancare (anzi, far precedere) ad uno strumento come il PRS un analogo strumento (PRCA-Piano Regionale di Contabilità Ambientale) che metta finalmente anche "la natura nel conto"?

«Il nuovo PRS sarà comunque un banco di prova della capacità della Regione Toscana di rilanciare una politica ispiratrice di un disegno riformatore che sappia imprimere alle istituzioni pubbliche (economiche e non) nuovo dinamismo e più consapevole collaborazione con le esigenze della comunità Toscana, in un quadro di regole adeguate e moderne, in particolare per l’efficienza nei Servizi pubblici, le Utilities, il risparmio energetico, il riposizionamento industriale, l’eccellenza Terziaria.
E’ certamente condivisibile l’idea di una nuova strumentazione di supporto per la migliore conoscenza dei caratteri della crisi e per una moderna contabilità dello sviluppo risultando ormai asfittica la misurazione del Pil. Ad esempio supportare i Piani Urbanistici nelle città da veri e propri conti economici potrebbe aiutare a prevenire stress nelle successive manutenzioni ambientali. Sono proprio queste le sfide del riformismo istituzionale.
Nel contempo serve un nuovo impulso dei soggetti economici definitivamente orientato alla produzione di beni, alla offerta di servizi, al superamento del nanismo imprenditoriale, alla internazionalizzazione, battendo le facili, ma provvisorie, scorciatoie delle rendite.
La qualità dei beni, il loro valore reale, la centralità delle eccellenze nei vari settori, sono condizioni essenziali per uno sviluppo duraturo.
Anche in questo i Paesi più sviluppati hanno maggiori doveri verso tutti gli altri».

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