[28/09/2007] Energia

Rigassificatori: dove mancano i concetti s´insinua al momento giusto una parola

LIVORNO. C’era una volta la cabina di regia sui rigassificatori... da tempo invece non solo della cabina non si trova più neppure la porta, ma soprattutto qualcuno dovrebbe spiegarci quale sia la regia. I lettori più attenti forse si ricorderanno quando il Sole24Ore nel 2006 pubblicò una cartina dell’Italia che mostrava quanti impianti a terra e off-shore si ipotizzavano per tutto il perimetro della penisola: una dozzina circa. In Toscana se ne segnalavano due: Livorno e Rosignano. Ma la Regione Toscana disse che uno era sufficiente, quello di Livorno che aveva già ricevuto la Via. Successivamente, a novembre del 2006, il ministro Bersani annunciò: «4-5 rigassificatori entro la fine della legislatura». Due terzi di meno (tralasciando che Scaroni (Eni) a febbraio di quest’anno aveva rivendicato che ne servivano 15). Quindi, tra accelerate (poche) e frenate (molte) si arriva a ieri, quando lo stesso ministro avrebbe ridotto quel numero a 2-3. E l’osservazione pare ovvia: ma allora quanti rigassificatori – al di là di come la si pensi su di essi - effettivamente servono? E sulla base di che cosa si stabilisce quali e dove farli? E ancora 2 o 3 per uscire dalla supposta emergenza, oppure poi in futuro ne serviranno altri?

Domande senza riposta che rimangono ancor più tali leggendo un’altra notizia che arriva oggi, ovvero che un altro ministro, Antonio Di Pietro, punterà a inserire i nuovi rigassificatori (non si sa quanti) tra le opere della legge obiettivo, ottenendo così procedure accelerate e la valutazione di impatto ambientale decisa, in ultima istanza, dal Cipe.

In questo scenario nazionale già di per sé “rigassificato”, pardon fumoso, dove da una parte non si sa quanti ne servono e dall’altra sembra che si punti a farli più che altro dove ci si riesce, guardare quanto sta accadendo su questa questione in Toscana crea non pochi e ulteriori imbarazzi. Posto che non è certo – ma solo molto probabile – che quando Bersani parla di 2-3 impianti faccia riferimento proprio (anche) a quello di Livorno, la Regione comunque sull’operazione non apre più bocca ormai da quando all’assessorato all’ambiente c’è stato l’avvicendamento tra il Verde Marino Artusa e la Ds Anna Rita Bramerini. E gli interrogativi pure qui sono rimasti gli stessi: che fine ha fatto la commissione internazionale di scienziati che avrebbe dovuto valutare la pericolosità del rigassificatore? E quella nazionale di cui sempre Artusa aveva parlato? Senza soffermarsi poi troppo – ma solo per mancanza di novità reali – sul progetto Edison di Rosignano al quale prima si è detto no, poi sì (nulla osta di fattibilità in merito alle problematiche di sicurezza e valutazione di impatto ambientale), e poi che non è ancora abbastanza avanzato per essere discusso…

Nel bel mezzo di questo bailamme ecco che arriva l’ulteriore notizia che per quanto riguarda la Olt di Livorno si punta al project financing (ai proponenti mancano i soldi?) attraverso un’intesa tra banche e la conferma che Endesa cederà il proprio 30.5% alla compagnia tedesca Eon a novembre.

Quindi c’è forse un problemino economico (tutto da capire), ma tra poco più di un mese tornerà d’attualità anche la serie di domande alle quali dovrà nuovamente rispondere l’amministrazione comunale livornese. Per prima una: il sindaco Cosimi annunciò che Endesa era pronta (a parole) a impegnarsi per far riconvertire a gas la centrale Enel di Livorno. Con Eon invece che succede?

Il quadro generale e regionale sui rigassificatori insomma non è confortante perché se è comprensibile che un paese che va a gas come l’Italia – 60 % della produzione energetica totale – nell´auspicabile transizione tra il progressivo abbandono delle fonti fossili e l’aumento di produzione da quelle rinnovabili necessiti di utilizzare il gas e cerchi quindi vie diversificanti ai “tubi” ucraini e algerini, non è altrettanto comprensibile che il come e il dove siano lasciati al caso.

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