[28/09/2007] Acqua

Consorzi di bonifica, trionfa l´antipoltica

FIRENZE. Quando la protesta, in molti casi giusta, assume derive qualunquiste si assiste al trionfo dell’”antipolitica”, che è poco accettabile specialmente quando a praticarla sono i politici di professione. La categoria, visto il forte disagio che sta vivendo, manca oggi della lucidità opportuna per individuare quali siano davvero i settori della pubblica amministrazione da tagliare, da riformare, da rivedere. E così siamo al tutti contro tutti: riformiamo lo stato, tagliamo le rappresentanze, sciogliamo le province, eliminiamo le comunità montane.... In questi giorni in Toscana è stata presentata una proposta di legge regionale per l’abolizione, a partire dal 1º gennaio del 2008, dei Consorzi di bonifica.

«Aboliamo i Consorzi di bonifica, inutili e costosi doppioni a carico dei cittadini, e trasferiamo le loro funzioni e il personale alle province, che peraltro già svolgono un ruolo di programmazione e di controllo sulla materia» dichiara Pieraldo Ciucchi, presidente del gruppo Sdi in consiglio regionale. La discussione sui consorzi sta andando avanti da alcuni mesi senza però che nessuno sia entrato veramente nel merito.

Si parla di riduzione generica dei costi per un servizio di pubblica utilità senza parlare dei benefici (reali o presunti) che quel determinato servizio ha apportato o dovrebbe apportare. Intendiamoci i consorzi vanno sicuramente riformati anche per la parte amministrativa che, ad esempio, “pesa” troppo rispetto alla componente tecnica, ma soprattutto deve essere rivisto ed adeguato il loro modo di operare sul territorio. Il governo nazionale per voce di alcuni suoi ministri più volte ha ricordato che la difesa del suolo, la manutenzione del territorio, la riduzione del rischio idrogeologico, la corretta regimazione delle acque sono l’opera pubblica più importante da realizzare.

Noi concordiamo. In via prioritaria quindi è il corretto indirizzo politico ai vari livelli che deve dare il via ad un’azione sul territorio che qualcuno deve mettere in pratica. Possono essere anche i consorzi che svolgono questo compito se opportunamente riformati e alleggeriti della loro parte burocratico-amministrativa. Le risorse devono essere indirizzate per nuove competenze tecniche e per elevare il livello di formazione, dove le principali linee guida di gestione del territorio devono tener conto in ugual misura di sicurezza idraulica e qualità ambientale, facce della stessa medaglia. Fino ad oggi non è stato così, per molti consorzi, ma anche per alcune province che operano direttamente sul territorio. Spesso gli interventi hanno portato complessivamente più danni che benefici.

Ma al di là di qualche associazione ambientalista, qualcuno ha fatto notare questo aspetto? La “politica” cosa guardava? Le province che incaricano i consorzi degli interventi di manutenzione quali controlli fanno sul loro operato? E sono in grado loro di controllare? Hanno le province stesse, le competenze, le risorse e l’organizzazione interna per prendere totalmente in mano la situazione? Allora non è con lo spostamento di personale da un ente ad un altro che si rende efficiente l’azione sul territorio. Qualunque sia l’ente ad intervenire sono gli indicatori di contabilità ambientale (insieme a quelli di contabilità sociale ed economica) completamente inapplicati, a determinare la qualità e i benefici di una determinata azione. Questo aspetto per ora non trova cittadinanza nel dibattito in corso. Non vorremmo che la soluzione prospettata, possibile nel lungo periodo, a termine di un processo di discussione nel merito delle questioni, fosse oggi peggiore del male: un salto nel buio. Una corretta individuazione di un malessere con la prescrizione della medicina sbagliata.

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