[24/09/2007] Rifiuti

La revisione del Testo unico? Consoliamoci con le diatribe giuridiche sul compost

LIVORNO. L’autorizzazione al trasporto dei rifiuti deve essere conforme alle caratteristiche della sostanza trasportata: in caso di errore nella classificazione risponde del reato di “attività di gestione dei rifiuti non autorizzata” non solo la ditta di trasporti ma anche il produttore/detentore per omesso controllo in ordine al possesso dell’autorizzazione.
Lo afferma la sentenza della Corte di cassazione che conferma il giudizio di colpevolezza del tribunale di Massa. Il tribunale condannava sia il trasportatore sia il produttore/detentore al pagamento di 3mila euro ciascuno, bensì il trasportatore fosse autorizzato, ma per altre tipologie di rifiuto.
Al rifiuto affidato al trasporto da conferire all’impianto di recupero o smaltimento deve essere attribuito un codice Cer (Catalogo europeo dei rifiuti) conforme alle caratteristiche del rifiuto e previsto espressamente nella autorizzazione al trasporto.
Ma in questo caso il trasportatore era autorizzato a caricare sul proprio mezzo “rifiuti biodegradabili prodotti da giardini e parchi”, mentre quello che veniva conferito dal produttore – secondo gli accertamenti svolti - era compost non del tutto trattato per cui mutava il codice cer e dunque anche l’autorizzazione.

Il tribunale dunque appurava la diversità del materiale movimentato rispetto all’autorizzazione e contestava al produttore la violazione dell’obbligo imposto dalla legge cioè omessa verifica della esistenza di una autorizzazione idonea e conforme alle caratteristiche del rifiuto.
Ma la pronuncia della Corte non si limita a dichiarare infondato il ricorso: afferma inoltre, la continuità normativa (in barba a chi ancora la nega e mette in dubbio la validità del Testo unico) tra la vecchia disciplina di cui al Dlgs 22/1997 e quella nuova. La Cassazione ha riconosciuto la sussistenza del reato previsto dall’articolo 51, comma 1, Dlgs. 22/1997 (attività di gestione di rifiuti non autorizzata), oggi sostituito dall’articolo 256 Dlgs 152/2006.

Intanto a livello legislativo la revisione al testo unico continua fra mille rallentamenti: la parte quarta del decreto è sottoposta a revisione in virtù della legge delega che autorizza il governo a rivedere la materia. La delega è quasi giunta al suo termine, ma l’iter per l’approvazione dello schema di decreto non si è ancora concluso. Una serie di modifiche vengono discusse in sede di Consiglio dei ministri a partire dalla stessa definizione di materie prime secondarie, di sottoprodotto, di terre e rocce da scavo.

Ma  nel fra tempo la normativa vigente è quella contenuta dal codice ambientale così come redatto nel 2006 con tutte le sue problematiche e mancanze. In un contesto di tale fattezze la giurisprudenza ha un suo ruolo: interpretando la normativa suggerisce linee per l’applicazione concreta. Soprattutto favorisce il lavoro dei controllori, spesso a scapito delle piccole aziende, che vorrebbero assolvere ai propri obblighi consentendo una corretta gestione del rifiuto.

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