[17/09/2007] Rifiuti

La raccolta del Tetrapak in Toscana viaggia sui binari della sperimentazione

LIVORNO. Prima precisazione. Di Tetrapak non si può più parlare, perché effettivamente questo è il nome dell’azienda svedese che per prima ha lanciato sul mercato questi speciali contenitori per latte, succhi di frutta, spremute, vino... Siccome oggi sono molte le aziende che nel mondo producono contenitori dello stesso tipo, correttamente si devono usare i termini “Cartoni per liquidi” o “poliaccoppiati”. Ma la confusione non è solo sul nome (del resto è normale che Tetrapak sfrutti la leadership acquisita e anzi investa profondamente, come sta facendo, sul marchio e sulle sue credenziali ecologiche), perché anche il modo di smaltire i cartoni per liquidi non è unico. Quasi in tutta Italia infatti i poliaccoppiati vengono raccolti in modo differenziato insieme a carta e cartone, mentre in Toscana i cartoni per liquidi devono essere gettati nel cassonetto del multimateriale, insieme a plastica, vetro e allumino.

Perché questa differenza? Lo chiediamo al presidente di Revet, l’azienda con sedi e stabilimenti a Empoli e Pontedera dove confluisce tutto il multimateriale raccolto in Toscana.
«La differenza c’è perché alcuni anni fa fu siglata un’intesa fra Comieco (Consorzio recupero imballaggi cellulosici, ndr), Tetrapak, Quadrifoglio di Firenze e Mukki Latte con cui fu attivata una sperimentazione per tentare di ridurre quasi a zero gli scarti derivati dal recupero dei poliaccoppiati. Oggi in Toscana i cartoni per liquidi vengono raccolti insieme al multimateriale, noi alla Revet facciamo la selezione e li inviamo direttamente a una cartiera di Verona dove sono stati realizzati macchinari in grado di separare il cartone sia dalla sfoglia di alluminio sia quella di plastica. Mentre il cartone prende la via normale del riciclo degli imballaggi cellulosici, con le due sfoglie viene creato un materiale detto Maralene, che non è pregiatissimo ma con il quale possono essere realizzati per esempio gadget e vasi per fiori».

E invece nel resto d’Italia?
«Viene raccolto insieme alla carta perché vale il principio del materiale prevalente, ma inviandolo alle normali cartiere la plastica del tappo e le due sfoglie finiscono insieme ai pulper cioè ai materiali di scarto del processo di riciclo della carta».

Ma non si rischia di fare confusione? Un romano in vacanza in Toscana come fa a sapere che qui il cartone del latte va buttato nel multimateriale?
«In effetti stiamo completando adesso la produzione degli adesivi da applicare sui cassonetti per spiegare bene cosa gettare e dove. Del resto lo ripeto, si tratta di una sperimentazione, che come tale anche in Toscana si è allargata in modo progressivo. Il trend di conferimento dei poliaccoppiati nel multimateriale è comunque in progressivo e robusto aumento, soprattutto da quando c’è stato l’avvento del tappo in plastica».

Come sta procedendo l’attività commerciale della Revet, che ricordiamo offre al mercato pancali e profilati realizzati con la plastica riciclata?
«La capacità di intercettazione è in costante aumento anche se bisogna specificare che noi ricicliamo la parte di plastica meno nobile, mentre invece le bottiglie in Pet le inviamo al consorzio Corepla. Noi recuperiamo quello che altrimenti sarebbe stato destinato al recupero energetico mediante incenerimento. Al di là di difficoltà iniziali, attualmente prosegue bene la produzione e vendita dei pallets, mentre per quando riguarda il profilato (oggettistica e arredi urbani più che altro) abbiamo attivato recentemente una partnership con un’altra azienda per sviluppare le rispettive eccellenze. Tra l’altro con la nostra plastica riciclata stiamo valutando attentamente come entrare nel campo dei fonoassorbenti utilizzati lungo strade e ferrovie per abbassare l’inquinamento acustico».

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