[10/09/2007] Monitor di Enrico Falqui

Tempi politici, tempi biologici : il caso di Piombino (2)

Quest’estate ho intrapreso la ricerca di casi analoghi a quello prospettato dall’intesa sancita dal ministro Pecoraro Scanio per il trasferimento dei rifiuti da Bagnoli a Piombino, consultando gli abstracts depositati presso l’agenzia ambientale americana (Epa ) a Washington.
I casi trovati sono tutti registrati come “azioni del Superfund” (quindi garantiti negli anni dal continuo aggiornamento del valore economico del materiale inquinato da bonificare e delle relativi responsabilità di proprietà) e, inoltre, non esiste alcun caso di trasferimento a grande distanza di materiali ingenti per volume e tipologia. Anzi l’Epa classifica i materiali oggetto del baratto tra Napoli e Piombino come “elementi che appartengono alla lista K degli Hazardous Waste (rifiuti pericolosi) , a meno che un’azione costante di monitoraggio non ne accerti la loro non pericolosità”.

Ma c’è di più: in Polonia, paese da poco tempo incluso nella Carta dell’Unione Europea, fin dal maggio 2001 sono in vigore disposizioni inerenti la bonifica di materiali provenienti dai siti di discarica utilizzati dalle industrie siderurgiche, nelle quali si specifica che le società che gestiscono piattaforme di trattamento di materiali di risulta dell’attività siderurgica (inerti e non) si assumono tutte le responsabilità del produttore, nel momento in cui acquisiscono tale materiale, sia durante lo stoccaggio che nella fase finale del trattamento.

E’ per questo motivo che tali gestori delle piattaforme devono possedere un’accurata conoscenza di tutti i flussi di materiali che provengono da tali azioni di bonifica e della loro specifica composizione. Tutto ciò è anche un loro preciso interesse tecnico, poiché, come si vede dalla documentazione dei numerosissimi processi di trattamento di tali materiali, la presenza di determinate sostanze inquinanti all’interno delle terre di bonifica delle aree siderurgiche comporta l’impossibilità di ottenere il sottoprodotto inerte da riciclare o ne rende assai più costosa la sua inertizzazione.

In altre parole, tutte le esperienze positive di inertizzazione dei materiali provenienti da siti contaminati di aree siderurgiche e di loro trasformazione in sottoprodotti innocui o utili per il reimpiego in opere infrastrutturali , sono state attuate “in situ” e sotto la garanzia di un Superfund. Mi preme sottolineare che entrambe le condizioni non esistono nel caso del baratto, previsto dall’accordo, tra Napoli e Piombino.
In Italia esiste quindi “un vuoto legislativo” che permette alle imprese responsabili della contaminazione nel tempo di enormi aree territoriali (la maggior parte delle quali localizzate nelle aree costiere più vulnerabili dal punto di vista ecologico e paesaggistico), di sfuggire non solo alla responsabilità penale ma anche a quella economica, facendo accollare quasi esclusivamente allo Stato il costo del risanamento dei siti inquinati.

Perché solo le esperienze di decontaminazione ed inertizzazione “ in situ” hanno avuto successo negli Stati Uniti, secondo quanto risulta dagli archivi delle Corti Federali che hanno discusso la legittimità procedurale e i costi effettivi da attribuire ai singoli casi di bonfica , vedi ad esempio il caso della Allegheny Ludlum Steel Corporation nel 2002?
Perché in questo modo era noto e monitorizzato costantemente il flusso di terre di bonifica da trattare, era possibile accertare se fosse possibile decontaminare anche una quota dei rifiuti contenenti IPA, metalli pesanti e altre sostanze tossiche. Se ciò accadesse nel caso di Bagnoli, dove le finalità della bonifica e del risanamento ambientale sono diverse e prevedono anche la decontaminazione di ciò che sta sotto il “ fronte di loppe inerti” abbandonato sopra il litorale costiero, dovrebbero essere rinviate al mittente.
Perché in questo modo erano note e ripartite le responsabilità sui costi dell’operazione di bonifica e sull’obbligo di investire una parte delle quote del Superfund, destinate al risanamento dei “ siti orfani”(mentre in Toscana il “sito orfano” della Farmoplant a Massa è stato messo a carico dei fondi pubblici regionali e europei).

Del resto anche a Piombino si continua oggi a produrre circa un milione di tonnellate annue di rifiuti dell’attività siderurgica e la città attende da tempo che anche tali aree costiere, ubicate nello splendido golfo di Follonica, vengano decontaminate e riconsegnate a nuove funzioni utili alla città. La piattaforma per il trattamento delle terre contaminate, il cui esercizio si prevede che avvenga non prima del 2009, serve in primo luogo a Piombino e ai propri specifici obiettivi di risanamento, non ha bisogno dell’arrivo di altre terre contaminate da Bagnoli per giustificarsi e può dare un contributo importante al progetto di ristrutturazione e riconversione del porto.

Nel 1983, qualcuno pensò che “l’arte dell’arrangiarsi”, come metodo di governo, potesse permettere a Piombino di trasformare Torre del Sale nel più grande contenitore di carbone d’Europa, per approvvigionare una centrale dell’Enel, alzando un muro di carbone alto sette metri e lungo 100 nell’area umida degli Orti-Bottegone e dragando anche l’intero golfo di Follonica per permettere l’accesso di navi da 120.000 tonnellate, cariche di carbone. Il progetto venne respinto in modo schiacciante da un referendum che coinvolse l’intero comprensorio piombinese , la Val di Cornia e anche i comuni della vicina isola d’Elba.
Fanno bene oggi i sindaci dell’Elba e il sindaco di Follonica a richiedere il loro coinvolgimento in questa decisione annunciata dal ministro dell’Ambiente, perché riguarda anche il loro futuro, come già avvenne in passato.

Proprio in quei lontani anni 80, Enzo Tiezzi scrisse il libro che lo ha reso più celebre, tra i molti che ha poi successivamente scritto.
Era intitolato “ Tempi storici, Tempi biologici” e metteva in evidenza come spesso siano inconciliabili i tempi dell’evoluzione naturale e delle loro conseguenze sull’ambiente e sull’uomo con i tempi che determinano le scelte dell’economia e gli eventi della storia. Aveva ragione e oggi il caso di Piombino può servire a ricordare la lezione che dovremmo aver imparato dalla lettura di quel libro così importante nella nostra memoria e così utile per le scelte future di questo territorio, che possiede, oggi, ( diversamente dal passato)tutto il capitale naturale e umano per accettare e promuovere, come a Napoli, la sfida dello sviluppo sostenibile della città.

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