[10/09/2007] Parchi

I parchi oggi

PISA. Chi aveva sperato che dopo i molti travagli degli ultimi anni sui parchi tornasse finalmente se non il sereno almeno una riflessione seria capace di delinearne un ruolo non gregario o confuso non può non provare una delusione più che giustificata e comprensibile.

Non voglio tornare sulla vicenda toscana pur così sintomatica di cui ho parlato già a lungo in più occasioni. Vorrei solo richiamarla perché essa mi sembra sotto molti profili racchiudere aspetti più generali ‘nazionali’ rimasti finora assolutamente in ombra. Non ignoro naturalmente - e lo ricordo solo per evitare possibili equivoci - che talune cose positive sono state fatte a cominciare dal superamento faticoso sebbene niente affatto spedito delle gestioni commissariali o dei finanziamenti. Ma si tratta - diciamo così - di atti dovuti e poco più.

Quello che finora non è emerso neppure in Toscana è il fatto che proprio il soggetto istituzionale più importante e innovativo prodotto dall’avvento delle regioni e poi ‘riconosciuto’ da una legge nazionale rischia di uscire con le ossa rotte dalla turbolenta fase di assestamento istituzionale in corso e che dovrebbe essere sanzionata dal nuovo codice delle autonomie. E’ singolare e preoccupante che a molti pur impegnati nelle istituzioni possa sfuggire questo fatto e cioè che mentre continua con effetti talvolta grotteschi la ricerca – anzi una vera e propria caccia - di enti da abrogare o ridimensionare in nome soprattutto dei costi; al solito le province, ma anche le comunità montane che spesso sono di pianura, i comuni che sono troppo piccoli e che perciò andrebbero accorpati forzosamente e così via riproponendo vecchie ricette di cui si chiacchiera disinvoltamente specialmente sotto gli ombrelloni dai tempi di Massimo Saverio Giannini, si ignori che l’unico – si l’unico - soggetto istituzionale ‘inventato’ con successo in questi quasi quattro decenni è il parco.

Un soggetto istituzionale non una agenzia, un ente strumentale come anche in Toscana qualcuno continua a dire, ma proprio un soggetto istituzionale ‘misto’ come dicono i costituzionalisti, espressione insomma di tutti i livelli istituzionali elettivi. D’altronde il passato non registra solo il ‘fallimento’ di disegni tecnocratici di portare gli oltre 8000 comuni a 1000 o a sbarazzarsi delle province. Ma anche i tanti scopritori dell’acqua calda in materia non dovrebbero dimenticare che tentativi come la creazione dei comprensori o delle associazioni intercomunali specie ma non solo in Toscana sono clamorosamente falliti. Invece il parco ha dato valida prova di se anche se oggi non scoppia di salute. E la ragione c’è anche se certi comitati e non solo loro la ignorano ed è che il parco alle istituzioni che ancora confliggono vivacemente tra di loro; le regioni che non vogliono che lo stato le espropri di competenze, le province che intendono svolgere funzioni di area vasta ma si inventano spesso aree micro come in Sardegna e altrove, i comuni che giustamente rifiutano accorpamenti forzosi perché per forza non si fa neppure l’aceto ma poi spesso si beccano come i polli di Renzo preferendo far da soli tanto che si deve fare una legge apposita per ‘aiutarli’ a collaborare, offre a tutti costoro una opportunità di cooperazione e non settoriale. Ma proprio per questo se tutti costoro litigano o si guardano in cagnesco i parchi rischiano di fare la fine dei vasi di coccio tra vasi di ferro. Tra tanti litiganti nessuno gode.

E rischiano grosso perché le regioni spesso mettono nei cassetti i piani dei parchi approvati con grande impegno e quelli che a farli manco ci pensano non vengono stimolati a farlo né dalle regioni e ancor meno dalle province e dai comuni tanto che all’Upi c’è chi pensa che i piani dei parchi dovrebbero essere passati – per l’approvazione - alle province. Dopo la frammentazione comunale avremmo così anche lo spezzatino provinciale. Ora se i parchi saranno ridimensionati, se non sarà loro pienamente e chiaramente confermata e riconosciuta quella ‘specialità’ che traballa anche in regioni forti come la Toscana, proprio al sistema istituzionale che brilla per ora più per la sua litigiosità che capacità di armonizzare i diversi ruoli, verrà a mancare il solo ente capace di tenere uniti in scelte non di settore ma di pianificazione ambientale stato, regioni, province e comuni in qualche modo ‘costretti’ a cooperare.

Basta fare qualche conto semplicissimo. Se in Toscana metà dei comuni hanno il loro territorio in tutto o in parte all’interno di un parco o di un’area protetta non ci vuol molto a capire che saranno virtuosamente indotti a ricercare con gli altri soluzioni condivise e non solo su questo o quell’aspetto ma su scelte complessive relative al territorio e all’ambiente. Certo sono rimasti pochi a continuare a opporsi frontalmente ai parchi e infatti il pericolo oggi non viene tanto da quelle sponde o almeno non è questo che deve maggiormente preoccupare. L’insidia maggiore viene dalla confusione su cosa deve essere e fare oggi un parco.

Lasciamo perdere le sortite di chi chiede, ad esempio, accorpamenti mastodontici tra parchi del sud già di dimensioni enormi e lo fa – tanto per cambiare - in nome dei costi. Parchi i quali più che sposarsi con altri hanno il problema di riuscire a funzionare. E lasciamo perdere pure - ma non troppo - le sortite non meno brillanti del ministero dell’ambiente che affida le non funzionanti aree marine ad una Agenzia nazionale (l’Apat).

Quel che oggi si rischia seriamente è di fare dei parchi dei soggetti che somiglierebbero più a Pro Loco, agenzie turistiche o – come dice Anna Natali in un libro di prossima uscita nella Collana Ets; ‘Parchi e istituzioni; novità e rischi’- di Food&Wine. Che risposta potrebbe venire da questo modello alle zone meno dotate o al Gennargentu dove il parco non decolla. Ecco perché, anche se qualcuno si sorprenderà, considero il miglior apprezzamento del recente Festival della Editoria ambientale tenutosi alla Stazione Leopolda di Pisa quello di un amministratore che entrando dichiarò; finalmente una manifestazione dei parchi in cui non prevale l’odore del pecorino’. Il marketing ovviamente non è vietato ai parchi ma non può essere questa la sua funzione principale come sempre più spesso invece si tende a fare. Diciamolo ancor più nettamente; per questo non c’era bisogno di inventare un nuovo soggetto istituzionale.

Da tempo si parla di una nuova Conferenza nazionale dei parchi sebbene si sappia ancora poco sui tempi e soprattutto sulle finalità. Ecco, se la si farà queste sono le cose da discutere per evitare brutte sorprese come è già accaduto con il Codice Urbani che ha ‘sfilato’ nottetempo il paesaggio dalla pianificazione delle aree protette. Il parco non è riconducibile semplicemente a questa o quella materia o tema per quanto importante; biodiversità, clima, energie rinnovabili etc. Esso si connota in quanto soggetto istituzionale dotato di competenze speciali uniche rispetto alle altre istituzioni e rispetto a tutte le materie citate con le quali si identifica unicamente perché deve farvi fronte in una visione e gestione integrata che non è rinvenibile in nessun’altra istituzione.

Ecco perché anche in Toscana bisogna uscire dalle manfrine e andare ad un dibattito sulla nuova legge regionale presto e bene per evitare che i parchi restino alla finestra o ai margini di un dibattito in cui troppe volte vi è più fumo che arrosto.

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