[04/09/2007] Consumo

I big dell´informatica riducono gli sprechi, per immagine e per legge

LIVORNO. Alcuni mesi fa il Wwf international ha lanciato la campagna Climate savers computing iniziative a cui hanno aderito Microsoft, Google, Intel, Ibm, Hp, che punta a sviluppare computer e componenti più efficienti, perché attualmente è stato stimato che ogii i pc sprecano il 50% dell’energia mentre i server ne perdono il 30%. Per sapere di più di questa iniziativa e capire quali sono i reali risultati a cui ambisce, abbiamo inetervistato Maria Grazia Midolla, responsabile della Campagna Clima del Wwf Italia.

«Noi pensiamo e speriamo che grazie a questa iniziativa che coinvolge le più importanti aziende del mondo si raggiunga l’obiettivo al 2010 di risparmiare 54 milioni di tonnellate l’anno di Co2, l’ equivalente di 5 centrali a carbone. Basta pensare che recentemente è stato calcolato che una persona che opera col su avatar su Second life consuma 5 chilowattora di energia, che è più del consumo madio annuale di un abitante del Camerun».

Quali saranno le iniziative concrete da parte di queste aziende?
«Si può intervenire tecnicamente sulla fase di produzione e sui prodotti, ma anche sui comportamenti. Le aziende si impegneranno quindi a dare il buon esempio e ad educare a consumare meglio, per esempio smentendo la favola che conviene lasciare il pc acceso: fa male al pc ma soprattutto fa male al consumo di energia e all’ambiente».

Il consiglio dei ministri ha approvato la scorsa settimana uno schema di dlgs per recepire la direttiva europea in materia di progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano elettricità.
Il fatto che i colossi informatici abbiano aderito all’iniziativa del Wwf non è di fatto un semplice anticiparsi, dettato da esigenze di immagine, rispetto a obblighi che comunque stanno per arrivare?

«In alcuni paesi europei questa regola è ormai la norma da molti anni, che sicuramente interviene per obbligare i riottosi, ma soprattutto salvaguarda la competitività e le scelte fatte dalle aziende che invece si anticipano e siglano accordi volontari come il nostro. Ben vengano quindi anche le scelte di marketing e gli accordi volontari che vanno oltre le regole e gettano le basi per le regole successive, però bisogna fare in modo che tutti vadano dalla stessa parte. Per questo è importante il fatto che l’Unione europea si sia data obiettivi molto ambiziosi, come quello della riduzione del 20% nel 2020. Bisogna perseguirlo a tutti i livelli e in tutti i campi perché troppo spesso ci si dimentica che le rinnovabili sono importanti, ma la prima risorsa energetica che abbiamo è il risparmio. Purtroppo ancora non si fa abbastanza perché in Italia ci sono due nemici del clima: la Co2 e l’aria fritta».

Non si fa abbastanza ma qualcosa si fa sul fronte del risparmio energetico. Quando si comincerà invece a pensare anche all’importanza del risparmio di materia? Gli stessi produttori informatici che hanno aderito alla vostra iniziativa sono i principali fautori della politica dell’obsolescenza e di un mercato, almeno nei Paesi sviluppati, sempre più di sostituzione.
«Noi affrontiamo questo problema ogni anno con il Living planet report, che calcola l’impronta ecologica di ogni uomo e stima di quanti mondi avremmo bisogno per mantenere questo stile di vita.. Il problema dei consumi e dello spreco che abbiamo nel mondo occidentale sarà la chiave per la risoluzione dei problemi climatici, perché il mondo è chiamato a una rivoluzione culturale: la nostra vita sarà fatta sempre di più di servizi e sempre meno di materia ma dobbiamo riuscire a cambiare i il modo di pensare e di produrre. Sono convinta che la qualità possa soddisfare più della quantità».

Come pensa che sia possibile raggiungere un mondo così, con meno materia e più servizi, quando tutti i governi inseguono la crescita illimitata e tutte le statistiche parlano di aumento dei prelievi di materie prime, crescita della produzione e dei consumi?
«Le associazioni ambientaliste stanno svolgendo un ruolo sempre più importante in questo senso, quello di disegnare il futuro. Però è dalla politica che deve venire l’input decisivo: deve riassumere quel ruolo di sintesi che la renda capace di raccogliere quanto di buono viene dalla società civile, integrando quindi scelte ambientali e scelte di equità sociale finalizzate al bene collettivo. Ma ritengo che anche l’economia possa essere di stimolo alla politica, perché talvolta spesso è quella più pronta a capire dove sta andando il mondo: alcune aziende lo hanno già capito, purtroppo Confindustria no e continua a lamentarsi in modo monocorde senza rendersi conto che quello di cui si parla è la sopravvivenza della specie umana». (db)

Torna all'archivio