[04/09/2007] Consumo

Per fare un pc, ci vuole un microchip, per fare un microchip...

LIVORNO. L’anno scorso uno studio pubblicato su Environmental science and technology calcolò che per produrre e utilizzare un solo microchip di 2 grammi e 32 megabyte di memoria, sono necessari prodotti chimici e combustibili fossili pari a 630 volte il suo peso, smentendo ancora una volta tutte le previsioni secondo cui la rivoluzione informatica avrebbe aperto un’era di dematerializzazione dell´economia.

Del resto l’affermazione che la società (e l´economia) dell’informazione potesse da sola frenare l’incessante rincorsa alla produzione e ai consumi (e agli sprechi) del mondo occidentale vale quanto l’analoga provocazione-profezia della fine del lavoro. E visto quindi che, produzione e consumi crescono sempre di più e non diminuiscono inerzialmente, ecco che si rendono necessarie azioni concrete da parte della grandi aziende, raramente derivate da consapevolezza ecologica, spesso legate a motivi di immagine, talvolta invece obbligate da iniziative legislative, come lo schema di dlgs approvato nell’ultimo consiglio dei ministri per recepire le direttive comunitarie che fissano criteri più stringenti in materia di consumi energetici e in particolare di progettazioni ecocompatibili dei prodotti che consumano energia.

La leva fiscale (come quella legislativa) può quindi essere un valido strumento per riorientare verso soluzioni più sostenibili i processi di produzione e gli stessi prodotti, anche quelli dell’industria informatica, che evidentemente non è così pulita come sembra. Un altro esempio riuscito di utilizzo della leva fiscale è la normativa sui Raee che nonostante i ritardi e i rinvii continui, i suoi frutti li sta dando perché addossando la responsabilità del fine-vita dei prodotti sui produttori, li costringe a orientare investimenti addirittura nel tanto misconosciuto risparmio di materia: meno materia usano e meno materia dovranno recuparare e/o smaltire e più questa materia è riciclabile e più potrà essere riciclata e recuperata invece che smaltita.

Dalla fiera Ifa di Berlino arrivano esempi concreti (ma non senza contraddizioni) in questo senso: un televisore Lcd Sony da 40 pollici è stato dichiarato il più ecologico perché consuma 0,0395 watt per centimetro quadrato, ovvero il 30% in meno di energia rispetto alla media dei pari livello. Tutto bene ovviamente, anche se basta poco per notare che chi acquista un più sobrio Lcd da una trentina di pollici consumerà sicuramente meno. E anche che evidentemente queste innovazioni “verdi” (che peraltro prevedono anche l’utilizzo sempre maggiore di materiali riciclati e riciclabili) sono comunque finalizzate a far acquistare un prodotto nuovo in sostituzione del vecchio, magari ancora in buono stato e che invece diventerà anzitempo rifiuto.

Fa parte delle strategie di marketing anche l’adesione a iniziative promosse dalla società civile, come per esempio la Climate savers computing iniziative lanciata dal Wwf (di cui parliamo nell’articolo sotto), che punta a raggiungere il 90% di efficienza energetica in tutti prodotti informatici delle maggiori aziende mondiali del settore (Microsoft, Google, Intel, Ibm, Hp).

Infine c’è una quarta strada, quella più tortuosa, più lunga e probabilmente più efficace: quella degli investimenti in ricerca, che rimanendo nel settore informatico significa nanotecnologie. Le due notizie più recenti arrivano dai centri di ricerca di Ibm in California e saranno pubblicate sul prossimo numero di Science. Senza scendere in dettagli troppo tecnici si tratta di scoperte che vanno nella direzione di avere computer sempre più piccoli, quasi molecolari, risparmiando quindi sia dal punto di vista dei consumi energetici che di quelli di materia.

Attualmente invece la fabbricazione e fase operativa di ogni chip di memoria di 1 centimetro quadrato implica l´utilizzo di almeno 72 grammi di prodotti chimici (molti dei quali tossici), 700 grammi di gas semplici, 32mila grammi di acqua e 1.600 grammi di combustibile fossile (440 grammi dei quali per alimentare il ciclo di vita "tipico" di un chip: quattro anni di attività per tre ore ogni giorno).

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