[09/03/2006] Rifiuti

Cirelli a greenreport: «Legge delega, sui rifiuti le carenze maggiori»

BOLOGNA. «La delega ambientale? Il fatto, secondo me, non è se passa o se non passa. C’è una parte dell’Italia che la pensa in un modo e una parte che la pensa in un modo diverso. E’ questo il punto che dobbiamo cogliere». Così Andrea Cirelli (nella foto), che guida l’Autorità per la vigilanza dei servizi idrici e di gestione dei rifiuti urbani della Regione Emilia Romagna, si esprime sul riordino dell’ambiente licenziato dal Consiglio dei ministri e in attesa di essere promulgato dal Capo dello Stato.
Insomma, secondo lei il problema non è la firma di Ciampi, ma il fatto che si tratta comunque di un argomento all’ordine del giorno.
«Sì, è così. Mettere mano a questo terreno è in ogni caso necessario, per qualsiasi governo. Ecco perché non sospiro di gioia se la delega ambientale non va avanti: magari si evitano alcuni rischi, ma si ha in ogni caso una minaccia davanti».
Proviamo a entrare nel merito: che cosa va e che cosa non va?
«Preferirei andare per temi. E comincio dall’acqua, dal sevizio idrico integrato. Penso ci sia poco o nulla da rilevare, visto che si pensa in sostanza di superare la legge Galli per proporre qualcosa di simile. Non ci sono molte cose sbagliate. Ce n’è una che tocca molto l’Emilia Romagna e poco la Toscana, che è il ruolo dei Consorzi di bonifica e delle Comunità montane. Si rischia un buco di regolazione che può produrre danni».
Quale capitolo intende esaminare per secondo?
«Quello relativo a Valutazione d’impatto ambientale e bonifiche. Trovo che sia un po’ sbagliato ridare agli industriali, ed ai soggetti che in qualche modo devono essere controllati, troppa autonomia nella autodichiarazione. Attenzione: è vero che ce ne sono molti bravi e onesti, su questo non ho alcun dubbio. Ma è pur vero che queste cose le dobbiamo scrivere pensando a chi è un po’ meno bravo ed onesto».
Poi ci sono i rifiuti…
«Ed è da qui che arrivano i guai maggiori. E’ la parte più sbagliata della delega, mi ritrovo con molte osservazioni fatte da Federambiente e Legambiente che si sono spesi molto, insieme ai sindacati, nella battaglia contro la legge. Condivido molte delle loro posizioni: si toglie potere di controllo alle Province e si dà troppo peso alla economicità. Glielo dice uno che pensa che l’economicità sia un valore importante, ma non l’unico. C’è tutta una regolazione della sostenibilità ambientale che manca e lo si legge in tante piccole cose. Credo che sia ora che modernizziamo il settore dei rifiuti, invece continuiamo ad esprimere soluzioni di retroguardia. Non ci si occupa di sistema integrato, si procede con l’affermazione delle autonomie di tutti gli ambiti che non può reggere. Sa che cosa serve secondo me?»
Lo dica.
«La sussidiarietà. Che è una parola che nessuno di noi ha ancora capito bene che cosa vuol dire: la sussidiarietà dei poteri, che peraltro con la riforma del Titolo quinto della Costituzione dovrebbe essere patrimonio di tutti, tanto che le Regioni sollevano dubbi di incostituzionalità. Faccio un esempio: gli impianti devono essere grandi e coprire possibilmente più ambiti. Ci sono servizi che hanno dimensioni ottimali diverse da altri: non è la stessa cosa raccogliere i rifiuti pericolosi o la plastica, o i vestiti usati. Bisogna ricominciare dal problema e organizzare un sistema complesso integrato».
Che cosa vede di positivo in questa legge?
«Il fatto che tutto sia riunito in un unico provvedimento potrebbe far pensare al fatto che si accoglie l’idea secondo la quale la qualità ambientale va vista nel suo sistema. Il fatto è che questa linea di condotta e di regolazione di governo non la vedo così affermata, in termini di impostazione complessiva».
La delega prevede anche di creare autorità come quella che lei guida. Su questo è d’accordo?
«Sì, sono d’accordo sulla istituzione di autorità, ma bisogna riflettere bene sui suoi poteri: non credo che debba avere compiti di programmazione, perché tocca alle istituzioni programmare e pianificare, non ad un’autorità terza. Vigilare e controllare, ma non fare strategia».

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