[31/08/2007] Parchi

Paolucci e lo ‘Stato’

In una lunga intervista a Sant’Anna News Antonio Paolucci torna anche sul caso Montichiello per rincarare la dose di accuse ai sindaci complici delle devastazioni in atto anche in Toscana. Fin qui nulla di nuovo anche se fa sempre un certo effetto quando si parla della Val d’Orcia trovare l’immancabile riferimento all’Unesco e mai al fatto che lì vi opera anche una Anpil che certo non ne esce bene.

Ma quello che più mi ha colpito - sebbene anche in questo caso non erano mancate nei mesi scorsi le critiche sovente a buon mercato - è il riferimento alla situazione nazionale. Paolucci giudica addirittura ‘nefasta e sciagurata’ la riforma del titolo V della Costituzione. «Da quel momento – dice - quando si parla di Stato non si intende solo lo Stato centrale, Palazzo Chigi, il Quirinale, ma anche le potestà elettive, le Regioni, le Province, i Comuni».

Questo avrebbe svuotato l’art 9 della Costituzione con il quale i padri costituenti pensavano allo Stato centrale. Evidentemente Paolucci non ricorda che la Costituzione prevedeva le Regioni con ampi poteri che hanno visto la luce solo nel 1970. E neppure Paolucci può negare che di scempi prima del ‘70 - quando le regioni manco c’erano - ne sono stati fatti un bel po’ se Cederna parlava di Vandali in casa, Borgese d’Italia rovinata e Bassani d’Italia da salvare. Tutta questa nostalgia per lo stato centrale appare perciò sorprendente. Davvero in Toscana dal ‘70 - per quanto le competenze alle regioni siano state sempre date con il contagocce - le cose sono peggiorate rispetto a prima quando era solo quello Stato centrale - di cui Paolucci ha tanta nostalgia - a decidere?

Le porte ai vandali le ha aperte quello Stato. Oggi certo si tratta di vedere come il ‘nuovo stato’ che comprende regioni ed enti locali deve fare la sua parte rispetto anche ai problemi nuovi rispetto allo stesso art. 9. Da tempo – Paolucci dovrebbe saperlo- il parlamento sta discutendo sebbene con non grande successo di modificare proprio quell’articolo perché oltre al paesaggio risulti più chiara l’esigenza di tutela dell’ambiente, della natura, degli ecosistemi.

Proprio l’esperienza - inclusa quella di Montichiello - ha mostrato e mostra infatti che la tutela paesaggistica svincolata o separata dal quel più ampio contesto ambientale che anche in questi mesi di polemiche ha stentato assai a comparire- risulta menomata, affidata più ai vincoli che ad una gestione attiva. Quella gestione attiva che ha funzionato piuttosto bene invece nei parchi regionali toscani e che ora grazie al Codice Urbani vede invece l’avvocatura di stato intervenire contro il piano di un nuovo parco fluviale piemontese che come stabilisce una legge di quella regione dovrebbe occuparsi di paesaggio.

Secondo l’avvocatura di stato invece del paesaggio il parco non dovrebbe occuparsi. A chi giova? Quanti piani paesistici tra i non moltissimi fatti hanno funzionato meglio dei piani che come quelli dei parchi si sono fatti carico non di un aspetto soltanto- per quanto importante- ma di quel complesso di problemi non riconducibili ad una singola materia – l’ambiente non è una materia -come ha tante volte detto e ribadito la Corte Costituzionale.

Nel dire queste cose non posso fare a meno di annotare una certa sorpresa che nella ripartizione dei compiti tra i due nuovi assessori regionali che dovranno occuparsi di ambiente non si trovi alcun riferimento ai parchi e alle aree protette. Si elencano le cose più varie; la protezione civile, il sistema idrico, il coordinamento della montagna i parchi no e proprio nel momento in cui dovremo affrontare la discussione sulla nuova legge regionale.

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