[30/08/2007] Consumo

Ecolampadine cinesi e risparmio energetico tra sostenibilità ambientale e sociale

LIVORNO. Favorire il commercio delle lampadine a basso consumo e a basso costo della Cina togliendo i dazi, oppure salvaguardare i posti di lavori dei dipendenti europei delle aziende impegnate nello stesso settore? Preferire dunque un’iniziativa che dovrebbe contribuire al risparmio energetico e quindi alla sostenibilità ambientale, oppure preferirle quella sociale? E’ l’ennesima contraddizione nella quale si trova l’Ue. Ma andiamo con ordine: la liberalizzazione degli scambi presuppone diritti ed obblighi da parte di tutti i partner commerciali. Lo ricorda anche il ministero del Commercio internazionale che in una pagina dedicata spiega che la legislazione comunitaria prevede tre misure principali di difesa commerciale.

La prima delle quali è l’antidumping, una misura che viene presa nei confronti di importazioni effettuate sul mercato comunitario da parte di imprese di paesi terzi che vendono sul mercato europeo prodotti a prezzi inferiori al prezzo di vendita sul mercato d’origine della merce (importazioni in dumping). La normativa comunitaria ha lo scopo di rimuovere gli effetti distorsivi delle importazioni in dumping o oggetto di sovvenzioni e di ripristinare un’effettiva concorrenza sul mercato europeo.

E la questione ‘lampadine cinesi a basso consumo’ si è aggrovigliata proprio nelle pieghe di questa legge. Nel 2001, infatti, l’Ue ha imposto una tariffa di antidumping alle lampadine economizzarici d´energia provenienti dal ‘gigante asiatico’. Dazi del 66% perché, si dice nella motivazione, questi prodotti erano sostanzialmente al di sotto nel loro valore reale nel mercato europeo. Da qui l’applicazione della legge antidumping, e conseguenti dazi, prevista per 5 anni. Ora però questo periodo è scaduto e la Commissione Europea ha proposto ieri la fine di questi diritti antidumping.

Il commissario commerciale Peter Mandelson ha detto: “La Commissione Europea suggerirà agli Stati membri che è nell´interesse dell´Ue rimuovere queste funzioni l´anno prossimo. Questo caso ancora una volta ha indicato le complessità delle regole in carico di antidumping in un´economia globale e contro la vasta gamma di interessi di Ue».

Quindi si tratta di una proposta e naturalmente l’ultima parola spetta agli Stati membri e quindi al Parlamento europeo. Il problema è che, come dicevamo all’inizio, c’è (ci sarebbe) un problema sociale, legato appunto al fatto che l’immissione di queste lampadine metterebbe probabilmente in serie difficoltà l’industria europea. Tanto che il commissario all’Industria, Günther Verheugen, in un’intervista rilasciata all’agenzia Reuters, ha detto che l’abolizione dei dazi antidumping sulle lampadine cinesi a basso consumo, auspicata dal suo collega incaricato del Commercio, Peter Mandelson, “potrebbe provocare perdite di posti di lavoro in Europa”.

Günther Verheugen ha aggiunto di non aver ancora deciso la propria posizione al riguardo e che non intendeva invadere il “territorio” di Peter Mandelson. Questi aveva, infatti, proposto di non prorogare tali dazi che, secondo lui, hanno ripercussioni negative sui fabbricanti europei che hanno stabilimenti in Cina, come - ad esempio - Philips. Un vero intreccio sul quale Vergheugen ha dichiarato: «Capisco gli argomenti dei produttori in Cina e capisco anche quelli degli operai delle fabbriche europee che perderanno il loro lavoro». Il riferimento è al principale produttore di lampadine a basso consumo in Europa, Osram, ditta appartenente al gruppo Siemens, che chiede invece una proroga dei dazi per cinque anni. E così il commissario dell’Industria si chiede: “Qual è, in questo caso, l’interesse dell’Ue? Salvare posti di lavoro dell’unica impresa rimasta in Europa a produrre questi apparecchi? Oppure favorire le importazioni a buon mercato provenienti dalla Cina?».

Mandelson ieri a questa domanda ha così risposto: «L´Ue ha fatto del risparmio energetico e dell’efficienza una priorità chiave. L´Ue probabilmente potrà fornire col proprio mercato solo il 25% della richiesta di lampadine economizzatrici. Nel giudizio della Commissione, quindi, non è nell´interesse di Comunità in queste circostanze aggiungere un costo supplementare significativo al prezzo dei prodotti importati».

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