[10/01/2006] Rifiuti

Il magistrato Tamborini a greenreport.it a due mesi dall´operazione Sinba

LIVORNO - Leonardo Tamborini, sostituto procuratore della Repubblica a Massa, è il titolare del fascicolo d´indagine che ha portato all´operazione Sinba, nell´ambito della quale sono state arrestate 31 persone e ipotizzati reati di disastro ambientale, associazione a delinquere e turbativa d´asta.

L’inchiesta inizia circa un anno e mezzo prima dagli arresti sulla base di intercettazioni che lasciavano ipotizzare la turbativa d’asta e il danno ambientale, insieme ad altri capi di imputazione. Perché, ad agire, si è aspettato che tali reati venissero consumati invece di intervenire subito sventandoli?
I tempi non sono stati frutto di una libera scelta. La discrezionalità del magistrato è limitata dal codice di procedura. Che dice che finché gli indizi non sono gravi non si può disporre alcuna misura cautelare, solo quando gli indizi sono gravi si può, anzi si deve farlo.
La misura è stata chiesta a luglio, quando si è potuta valutare la gravità degli indizi.

Visto che il recupero dei rifiuti, è un fondamentale principio ambientalista oltre che un obbligo di legge, la questione di un eventuale danno ambientale può soltanto riguardare la correttezza delle pratiche concrete del recupero stesso. La questione delle analisi da effettuare sui materiali recuperati non è un semplice dettaglio, ma la madre di tutte le verifiche. Perché si è proceduto senza questa verifica?
Il danno ambientale non è un requisito essenziale dei reati contestati. Perfino il reato di disastro non lo richiede. Il reato di disastro richiede l´idoneità della condotta a provocare un pericolo per l´incolumità pubblica.
Le contestazioni ruotano intorno a un fatto che precede il danno: la gestione illecita dei rifiuti.
L´indagine infatti ha svelato chiaramente (e nessun tribunale ha finora smentito) una vasta, reiterata, sistematica e lucrosa gestione di ingenti quantità di rifiuti, anche pericolosi, che venivano "cioccati" - come dicono nelle intercettazioni - in opere pubbliche, cioè sotterrati per sempre. Altro fatto confermato dal tribunale di Genova, che ha riesaminato tutta la misura cautelare, è che due delle opere pubbliche oggetto di indagine sono state assegnate con gare truccate.
L´uso di opere pubbliche come discariche, cioè come luogo di interramento di rifiuti che non vi erano per niente destinati, non c´entra niente con il recupero dei rifiuti: sarebbe come confondere un investimento economico con il riciclaggio di denaro sporco.
Sui siti è stata disposta non una semplice analisi ma un´indagine stratigrafica, di tipo "archeologico", che spero ci dica tutto quello che si deve sapere su cosa è stato interrato, quando, da dove viene, se e in che misura ha contaminato il terreno e la falda acquifera. Questa indagine tecnica, ovviamente, non poteva essere svolta mentre si svolgevano le altre riservatissime indagini.

Mentre il confronto fra magistratura inquirente e magistratura giudicante continua con non poche interpretazioni diverse, il processo «politico» è già avvenuto, sulla base della pubblicazione di una parte di intercettazioni. Come valuta il fatto siano state, quasi immediatamente, rese pubbliche?
Il confronto tra magistratura inquirente e giudicante è stato molto positivo, soprattutto con riguardo al fondamento della misura cautelare, vale a dire l´utilizzo delle opere pubbliche come discariche e la turbativa di due delle gare per l´appalto di queste opere.
Le differenze riguardano la qualificazione giuridica di questi fatti (la più vistosa è la negazione, a giudizio del tribunale di Genova, dell´associazione per delinquere) e condotte marginali.
Ma teniamo presente che il tribunale del riesame ha lavorato su un materiale diverso e più ampio di quello che aveva a disposizione il Pm al tempo della richiesta della misura.
Dopo la misura infatti le difese hanno lavorato moltissimo e molto bene offrendo al tribunale nuove riletture e nuovi elementi di giudizio.
Il Pm ha preso atto, anzi ha tratto vantaggio da questo lavoro difensivo, che in alcuni casi si è dimostrato molto utile per la comprensione dei fatti. Valorizzando questo lavoro il Pm ha già chiesto l´archiviazione per un indagato.
Il "processo politico" ovviamente non mi interessa e mi sembra anche senza senso, perché non ci trovo niente ideologico nell´occultamento dei rifiuti sotto le opere pubbliche.
Semmai, mi aspetto che le amministrazioni locali si chiedano come mai questo è successo e cerchino di fare in modo che questo non succeda più.
Qualche passo è stato fatto in tal senso, e il Pm è sempre stato disponibile, nei limiti del consentito, ad agevolare l´indagine amministrativa.
Ma è stato fatto anche qualche passo in senso contrario: ho letto che è normale dare gli appalti in questo modo e che tutte le imprese che gestiscono rifiuti, in fondo, fanno le stesse cose.
Quanto alla pubblicazione delle intercettazioni, queste erano riportate per esteso nella ordinanza e quindi non più segrete. L´ordinanza è stata consegnata a tutti gli arrestati, a tutti i proprietari dei siti sequestrati e a tutti i loro difensori.
Ne sono state distribuite quindi poco meno di un centinaio di copie.
Difficile che nessuna arrivasse ai giornali.

Come dimostra la stessa dialettica fra magistratura inquirente e magistratura giudicante, la normativa sui rifiuti è molto complessa e stratificata. Una situazione che fa parlare gli esperti di «incertezza del diritto»: non crede che vi sia una speculare «incertezza del dovere»? E non crede che questa confusione, in grave carenza di impianti di trattamento-recupero e smaltimento favorisca proprio le zone grigie e/o nere del mercato?
E´ vero che la normativa è molto complicata ma - torno a ripetere - il nocciolo delle contestazioni di questa misura è molto semplice: avere fatto sparire ingenti quantità di rifiuti in opere pubbliche. Qui non ci può essere alcun alibi della complessità normativa.
Anche la legislazione in materia di armi è complessa, ma se sparo al mio vicino di casa...

Anche sulla base di episodi avvenuti recentemente, quali quelli relativi ad avvisi di garanzia pervenuti a magistrati irreprensibili e antesignani nella lotta alle ecomafie come il dott. Ceglie di Castellammare di Stabia e al dott. Facchi, subcommissario per l’emergenza rifiuti della Campania, non crede che vi sia il rischio, almeno in qualche caso come quelli sopra, che la moneta cattiva scacci quella buona? Cioè, che chi agisce con relative autorizzazioni sia sottoposto ad un fuoco di fila di controlli con interpretazioni diverse e contraddittorie della norma e con grave rischio d’impresa e, invece, chi agisce senza autorizzazioni, rappresenti la concreta risposta alla gravissima (anche in Toscana) carenza impiantistica?
La sua domanda dimostra che i controlli sono visti come una punizione. I controlli invece sono uno strumento a tutela del più grande patrimonio del cittadino che è, soprattutto in Toscana, il suo territorio.
Il problema dei controlli, semmai, è che non funzionano, come dimostra questa indagine.
Lasciando da parte qualche "complice", che in qualche amministrazione c´era, sta di fatto che nessuno si era accorto che alcune importanti opere pubbliche della nostra provincia venivano usate come discariche.
Eppure il "giochino" non era una novità - forse perché facile e redditizio - come ha detto Paolo Russo, presidente della commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti dopo la mia audizione. Tant´è che il suo commento - fatto sia a me sia ai giornali - è stato che la mia indagine semplicemente conferma ciò che già sapevano. Non che questo sia normale o possa essere sminuito.

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