[28/08/2007] Energia

Liberalizzazione energia, come riconoscere quella rinnovabile

LIVORNO. In Italia il settore abitativo è responsabile per 30% del consumo energetico e 1/3 di questa energia va sprecata.
Secondo uno studio del Wwf la perdita dell’energia avviene principalmente a causa dell’inefficienza delle abitazioni, mentre un abbondante 30% si disperde a causa della scarsa efficienza nella produzione di calore.

In questo campo siamo lontani dal traguardi raggiunti nel resto dell’Europa dove criteri di basso consumo sono ormai inseriti nei capitolati di costruzione. Sicuramente qualcosa sta cambiando anche da noi almeno sulla carta. Una serie di provvedimenti legislativi hanno preso il via come gli sgravi fiscali del 55% per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici prevista ai commi 344-345-346 e 347 della Finanziaria 2007 (legge 296/2006) e il decreto legislativo 29 dicembre 2006, n.311 relativo al rendimento energetico nell’edilizia. Così come la liberalizzazione del mercato dell’elettricità che, a suo modo potrebbe contribuire al risparmio energetico e alla riduzione di co2 in atmosfera.

Come ormai è noto infatti dal 1 luglio 2007 gli italiani possono (per ora però solo in teoria) scegliere il proprio venditore di energia elettrica come già avviene fin dal 2003 per il gas e come già possono fare oltre 7 milioni di consumatori con partita Iva.
I consumatori domestici di energia elettrica saranno realmente liberi di scegliere il proprio fornitore e scegliere il migliore offerente nei prossimi mesi, mentre nulla cambierà per quanto riguarda la gestione della rete di trasmissione che rimarrà in capo alla società che attualmente già svolge tale servizio.

Una serie di interventi necessari per garantire un positivo impatto economico e sociale del processo di liberalizzazione sono già stati predisposti: uno fra tutti è la cosiddetta tariffa sociale per i cittadini più bisognosi che potranno usufruire di uno speciale sconto per motivazioni di salute o economiche. Però nella pratica anche la tariffa sociale risulta diversa dalla teoria: assume fattezze di uno sconto indifferenziato per chi consuma poca energia elettrica a scapito delle famiglie che hanno consumi elevati. Se quindi dal punto di vista ambientale non c’è nulla da eccepire, l’impatto sociale di tale tariffazione risulta invece assai controverso, perché fa pagare cara l’energia elettrica alle famiglie numerose che utilizzano molto l’abitazione e che sono residenti in zone (1/3 dei comuni italiani) dove non è ancora arrivata la rete di distribuzione del gas naturale.

Ancora una volta quindi equità sociale e sostenibilità ambientale finiscono per cozzare fra loro: la sola riduzione del costo non farebbe che aggravare i consumi. Ma utilizzando le leve fiscali questa liberalizzazione può invece svolgere un ruolo fondamentale nel consentire all’Italia di adempiere agli obiettivi di riduzione dei gas serra fissati dalla Ue. Le scelte di governo devono quindi essere ancora più incisive, integrando risparmio premiato, piani tariffari e orari che incentivino l’efficienza energetica e l’energia prodotta da rinnovabili.

In un mercato libero dell’energia, senza più monopolio, i cittadini potranno infatti scegliere fra i prezzi migliori, ma potranno anche orientarsi verso fornitori che propongono energia elettrica da fonti rinnovabili.

L’offerta di energia rinnovabile già proposta sul mercato per i consumatori non domestici, è opportunamente garantita da un apposito sistema di certificazione dell’origine di tale energia grazie al quale i consumatori potranno testare la provenienza.
E che cosa sia una fonte rinnovabile lo stabilisce la direttiva Ue 77 del 2001 che nel suo articolo 2 le indica come “eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas, biomassa (ossia la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”).
A livello europeo esiste il sistema di certificazione Recs (Renewalble energy certificate sistem); mentre in Italia è il
Gestore del sistema elettrico a occuparsene.

In Italia, poi, esiste il marchio “100% energia verde” di cui è titolare la onlus Reef e certificatore il Cesi di Milano. Ricalca i meccanismi del certificato europeo, ma è applicabile solo ad energia prodotta in Italia (ad oggi 85% viene da Enel) e da impianti rinnovabili di piccole e medie dimensioni.

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