[22/08/2007] Comunicati

Global warming, Maracchi: «Sbagliato non fare un´unica conferenza clima-energia»

LIVORNO. Sulla prevenzione che avrebbe indebolito l’impatto dell’uragano Dean, e di cui parliamo nell’apertura del giornale di oggi, ne abbiamo parlato con il climatolo Gianpiero Maracchi (Nella foto) con il quale abbiamo anche approfondito l’argomento.

«In effetti la prevenzione questa volta ha sicuramente funzionato – conferma Maracchi – perché negli ultimi anni c’è stato un notevole miglioramento delle conoscenze scientifiche, nuove tecnologie, migliori strategie comunicative. Lo stesso centro di osservazione uragani in Florida è in grado di seguire da vicino lo sviluppo di questi fenomeni e di prevederne l’entità con buona precisione».

La prevenzione sarà anche al centro della strategia dell’adattamento di cui si discuterà nella conferenza sul clima in programma in Italia a settembre.
«Speriamo bene… sono anche uno dei relatori, ma i precedenti non mi entusiasmano, la prima conferenza sul clima la fece Valdo Spini nel 1993, ma da allora si è fatto ben poco. E anche oggi le premesse non sono granché, a partire dal metodo».

A cosa si riferisce?
«Al fatto che il ministero dell’ambiente organizza una conferenza sul clima e poi il ministero dello sviluppo economico ne farà una sull’energia. Fino a quando non si capirà che clima ed energia sono i due corni dello stesso problema andremo poco lontano».

Proviamo ad essere ottimisti. Cosa può fare in concreto la conferenza sul clima?
«Lavorarci seriamente e non solo durante i convegni, fare un programma ben definito e metterci le risorse. Serve quindi prima di tutto un piano organico perché la vera debolezza della prevenzione italiana è stata l’essere spezzettata in mille competenze, quelle dello Stato, quelle regionali che variano da regione a regione, quelle della Protezione civile. E fortunatamente proprio la protezione civile è riuscita a fare qualcosa e a ottenere risultati sul fronte della prevenzione, per il resto finora c’è stato solo un gran caos».

Quali sono secondo lei le priorità da affrontare?
«Premesso che l’Italia non avrà mai a che fare con uragani come in altre parti del mondo, il nostro Paese sarà sempre più scosso da fenomeni estremi dovuti ai cambiamenti del clima. Quindi è necessario intervenire seriamente sul fronte delle emissioni, perché oltre alle conseguenze economiche indirette causate da questi fenomeni estremi, ci sono anche le conseguenze dirette: ovvero i miliardi di multa da pagare ogni anno per il mancato rispetto dei vincoli che abbiamo sottoscritto con il Protocollo di Kyoto. Ma per intervenire in modo cogente è necessario, lo ripeto, un piano organico che interessi trasversalmente tutte le questioni economiche del Paese. Poi ci sono anche interventi più puntuali e mai risolti che dimostrerebbero un’inversione di tendenza».

Per esempio?
«Il primo che mi viene in mente è quello delle assicurazioni: negli ultimi vent’anni saranno state fatte una cinquantina di proposte di legge per obbligare ad essere assicurati contro le esondazioni e ancora non ci siamo riusciti, così che ogni volta che si verifica un’alluvione ognuno deve pagare i danni per conto suo, mentre in Francia l’obbligo c’è già da anni sia per gli incendi che per le alluvioni. Un altro esempio è quello dei biocarburanti, che sono una delle tante soluzioni per contribuire all’abbattimento delle emissioni (in realtà anche su questo affermazione i pareri sono molto discordi, ndr): finché saranno mantenute le accise anche sui carburanti verdi nessuno ci investirà mai. Ecco, dalla conferenza sul clima mi aspetterei finalmente qualcosa di concreto come questi due temi».

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