[22/08/2007] Parchi

Amazzonia: si tagliano meno alberi, ma è scontro Lula-Greenpeace sulle imprese ´fantasma´

LIVORNO. Il governo federale del Brasile ha annunciato che il tasso di deforestazione in Amazzonia è in calo sia nel secondo semestre del 2006 che nel primo del 2007: “solo” 9.600 chilometri quadrati, la superficie più bassa da quando, nel 1988 l’Instituto nacional de pesquisas espaciais (Inpe) ha cominciato a monitorare la distruzione della copertura forestale amazonica. Secondo il governo ci potrebbe essere un margine di errore del 10% sui dati forniti. Secondo Greenpeace Brazil, che ha accolto favorevolmente la notizia, bisogna però stare molto attenti alle pressioni sulla foresta che vengono da fattori economico-ambientali: aumento dei prezzi di soia e cereali a causa del boom dei biocarburanti, aumento del prezzo della carne e nel contempo espansione in Amazzonia delle malattie del bestiame di allevamento. Secondo gli ambientalisti a giugno il taglio della foresta sarebbe ripartito alla grande.

Il governo parla invece di una diminuzione dello sforzo di taglio del 25% nel secondo semestre 2006 e del 49% nella prima metà del 2007, molto lontano dal disastroso 2003/2004 con 27.429 km2 di foresta amazonica distrutta, il secondo peggior dato della storia dopo i 29.059 km2 del 1994-1995. Ma il primo mandato presidenziale del governo Lula ha accumulato il record di abbattimenti: più di 70 mila km2.

«Anche se i dati dell’Inpe per il 2006-2007 sono provvisori, sono ugualmente molto stimolanti, visto che dimostrano che il disboscamento ha invertito la tendenza storica al rialzo e si osserva un ribasso per il terzo anno consecutivo» ha detto Paulo Adário, coordinatore della campagna Amazzonia, di Greenpeace.

Tra i fattori positivi ci sono i milioni di ettari di riserve naturali create dal governo Lula, un aumento delle tasse sul legname e dei controlli e una maggiore sensibilità della società civile contro la deforestazione e l’espansione delle coltivazini di soia in Amazonia.

Ma nell’ultima settimana Greenpeace ha richiamato il governo brasiliano a un maggior controllo sui nuovi tagli di foresta amazzonica eseguiti da imprese “sospette”, “fantasma” o chiaramente illegali che starebbero deforestando intere aree di grande importanza per ricavare legname da grandi alberi.

Il ministro dell’ambiente brasiliano, Marina Silva, ha assicurato che controlli accurati saranno svolti dall’Inpe e da altre autorità, ma ha respinto le accuse di Greenpeace, rendendo noto che immagini satellitari dimostrerebbero che proprio nelle aree indicate dagli ambientalisti la diminuzione del tasso di deforestazione è del 52%, mentre il tasso generale di disboscamento in Amazzonia è sceso di un terzo nell’ultimo anno. Rimane il fatto che la deforestazione è in calo, non certo ferma.

Il governo dice che non solo sta aumentando le aree protette, ma anche recuperando aree deforestate per promuovervi uno sviluppo sostenibile.
Secondo il governo brasiliano, i dati sulle aziende illegali e la deforestazione che Greenpeace ha fornito al settimanale Epocarisalgono ai tre decenni prima del 2002, quando i tagli illegali erano il 50% del totale.

Le dittature militari che hanno oppresso il Brasile tra il 1964 e il 1985 hanno spostato masse di contadini poveri verso l’Amazzonia per non farli inurbare nelle già sovraccariche città della costa, la deforestazione è stata alimentata da questa scelta che ha prodotto una massa di braccianti a basso costo disposti a tutto.

Greenpeace ribatte che il governo e le sue agenzie per lo sviluppo permettono alle grandi imprese del legname di continuare a deforestare in cambio di scuole e strade e che più di 140 imprese forestali hanno mostrato gravi irregolarità e che ci sono diversi accordi “sospetti” con le aziende di controllo, tanto che la polizia dal 2003 ha arrestato più di 120 funzionari pubblici con l’accusa di favorire il taglio forestale indiscriminato.

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