[20/08/2007] Acqua

Water world week: «Cambiamento climatico, aumento della popolazione e urbanizzazione sono una ricetta per la catastrofe»

LIVORNO. La diciassettesima Water world week si é conclusa a Stoccolma proprio mentre nel subcontinente indiano le inondazioni proseguono portate da piogge incessanti ed in Pakistan, Nepal, India e Bangadesh somno già morte 2.800 persone, Dacca è in gran parte sommersa e 50 milioni di abitanti sono stati colpiti dalle peggiori alluvioni degli ultimi anni. Inondazioni devastanti sono avvenute anche in Nord Corea, Filippine, Sudan, e persino nel desertico Burkina Faso.

Anche per questo il direttore della settimana mondiale per l’acqua, Johan Kuylenstierna, ha detto ai 2.500 esperti riuniti a Stoccolma: «Dovremmo veramente insistere sul fatto che occorre farsi carico della dimensione climatica (durante la stesura di piani urbanistici), dotarsi di carte dei vulnerabilità, sviluppare programmi di azione. La gestione dell´acqua é uno strumento importante per far fronte al cambiamento climatico. Se gestite correttamente l’acqua, vi preparate anche correttamente al cambiamento climatico».

Il global warming ha infatti rappresentato il tema più discusso durante la Water world week, anche perché un altro problema sempre più drammaticamente evidente preoccupa scienziati e amministratori pubblici: circa l’80% della popolazione mondiale vive ormai in una fascia di meno di meno di 50 km dalle coste verso l’entroterra e l’Istituto internazionale dell’acqua di Stoccolma (Siwi) ricorda che «uno dei numerosi effetti del cambiamento climatico è l’innalzamento del livello del mare».

Secondo Kuylenstierna il genere umano é oggi di fronte alla duplice sfida della crescita della popolazione mondiale e del riscaldamento del pianeta: «Per esempio – ha detto all’Afp – se di qui a 100 anni il Bangladesh diminuisse di un quarto della sua popolazione attuale, se ci fosse una inondazione, gli effetti sarebbero allora meno importanti che oggi. A questo si aggiunge ormai il cambiamento climatico».

Una opinione condivisa dal Siwi: «il cambiamento climatico, combinato ad una popolazione che continua ad aumentare e all’espansione dei centri urbani, costituisce una ricetta per la catastrofe. Le città costiere potrebbero essere minacciate se non verranno prese subito misure di adattamento e diminuzione del riscaldamento climatico».

Ed una delle possibili, e drastiche ma inevitabili, soluzioni che ci potremmo trovare di fronte sarebbe quella di spostare intere popolazioni e centri urbani oggi sulle coste e accanto al mare.

«Sono regioni molto attraenti – spiega Kuylenstierna – ma potrebbe essere necessario accettare, alla fine, che non possiamo sempre operare contro la natura». D’altronde, ormai anche numerose compagnie di assicurazione americane si rifiutano di assicurare alloggi che sono stati costruiti in zone considerate a rischio e se negli Usa e nelle isole francesi ed inglesi dei Carabi sarà sempre più difficile ottenere risarcimenti in seguito ad uragani come “Dean”, che sta spazzando l’area proprio in questi giorni, mentre per gli staterelli insulari, per il centro America e per il Messico il problema non si pone per la stragrande maggioranza di poveri che non sanno nemmeno cosa sia un’assicurazione si apprestano a ricostruire le loro baraccopoli macinate per l’ennesima volta dall’acqua e dal vento.

Ma nonostante questa presa di coscienza, come vediamo anche in Italia da fatti come quello dell’abusivismo nella costiera amalfitana e dalla villettopoli infinita che orla le nostre coste, è difficile cambiare i comportamenti della gente e dei responsabili politici, «il denaro e la pressione economica sono argomenti convincenti», sottolinea il direttore della settimana mondiale per l’acqua.

Ma mentre i Paesi ricchi possono contare su una popolazione ormai stabilizzata ed il problema sembra essere soprattutto la speculazione immobiliare (con gli effetti che vediamo anche sulle borse), in Paesi in via di sviluppo accelerato come India e Cina il processo di urbanizzazione pare incontenibile e si costruiscono nuove città satelliti per ospitare i milioni di poveri che si spostano dall’interno rurale verso le coste luccicati di grattacieli e avvelenate dallo smog.

Ma secondo Sunita Narain, direttrice del Centro per la scienza e l’ambiente in India, questo mutamento caotico può rappresentare «un’occasione d´integrare i possibili effetti del cambiamento climatico e di reinventare “nuovi modelli” di città. Il cambiamento climatico significa che ci saranno sempre di più eventi imprevedibili, sempre più inondazioni. Occorre prevedere la gestione dell’acqua. Dobbiamo rendere le nostre città più resistenti di fronte al cambiamento climatico». Mentre invece, secondo Narain, oggi la costruzione delle città è soprattutto incentrata sugli edifici, non sulla questione dell’acqua.

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