[14/08/2007] Comunicati

Uomini e animali, in Palio c´è l´etica dell´utilità e quella dei diritti

SIENA. Si avvicina il 16 agosto e il Palio dell’Assunta e si avvicinano le nuove polemiche degli animalisti contro la corsa senese, ad iniziare dalla sempre agguerrita Lega antivivisezione (Lav) che denuncia la morte di una cinquantina di cavalli dal 1970 ad oggi, la velocizzazione dei giri della piazza, il rischio dello storico tracciato, il doping dei cavalli… Insomma, agli animalisti non piace lo splendido e “barbaro” spettacolo rinascimentale che unisce e divide la gente di Siena. L’avversione è etica, ed alla Lav non bastano nemmeno le migliorie, introdotte anche grazie alle denunce degli animalisti: prelievi di sangue antidoping ai cavalli, nuove protezioni in Pvc nelle curve invece dei vecchi materassi, fondo della pista più idoneo, ospedali e centri di recupero per i cavalli feriti e non più abbattimenti al primo azzoppamento, pensione per i vecchi cavalli del Palio.

La Lav chiede semplicemente la fine del Palio di Siena, sperava che la Rai non lo trasmettesse più (promessa subito rimangiata) e non è molto interessata alle tradizioni ed alle passioni umane che circondano la più nota manifestazione senese e forse italiana nel mondo.

Eppure il Palio, anche se paragonato ad altre manifestazioni simili, ha raggiunto un livello di sicurezza buono per gli animali, e sarebbe impensabile trasferirlo da Piazza del Campo ad un ippodromo, magari simile ai circuiti, anche cittadini, dove avvengono continui incidenti ai cavalli. Nemmeno l’amore quasi morboso, fino alla esibita religiosità, che circonda i cavalli nelle contrade basta agli animalisti, gli contrappongono un´altra religione “laica”, quella del rispetto totale dell’animale, di una comunanza con la specie umana che lo rende intoccabile, non utilizzabile per scopi ludici, che lo umanizza nella speranza di una diversa umanità che riconosca agli altri esseri (soprattutto ai mammiferi così simili a noi) diritti che non hanno avuto finora.

Una cosa diversa dalla critica alla pratica della vivisezione, troppo spesso inutilmente crudele, o all’esibizione di animali “feroci” ed esotici, prigionieri in un circo o in uno zoo, ma che riguarda la ridefinizione del rapporto uomo-animale, a cominciare da quelli domesticati, diventati da millenni parte della vita e dell’esperienza umana, a volte come lavoratori, compagni e guardiani, a volte come “mezzi” per divertirsi e fornitori di cibo.
Per far questo si dimentica spesso che alcuni di questi animali, anche i cavalli e le mucche ad esempio, sono stati selezionati per questo dall’uomo, resi adatti a compiere “lavori” o a fornire latte e carne, tanto che il problema della sopravvivenza di alcune specie di allevamento, del mantenimento della biodiversità zootecnica, è proprio quello di salvare le “razze” meno standardizzate, più legate ad ambienti o funzioni ormai diventate marginali o scomparse. E’ il caso della caduta verticale di asini e muli, di alcune specie di cavalli, di molti tipi di mucche, molti animali da cortile, e non è un caso se alcune razze, come la Chianina hanno recuperato un declino che le stava portando all’estinzione grazie alla qualità della loro carne.

A questo si contrappone l’intangibilità della vita animale, le proteste contro l’abbattimento di caprioli, cinghiali, scoiattoli grigi in soprannumero che sarebbero “innocenti” davanti alla stupidità con cui l’uomo cambia i cicli naturali introducendo specie a scopo venatorio o “estetico”, e però le contromisure che si propongono sono troppo spesso molto etiche, ma troppo costose, lente, inefficaci e così la natura invocata fa il suo crudele mestiere, a spese di altre specie animali e vegetali che vengono uccise e sostituite dagli innocenti invasori importati dall’uomo crudele.

Il Palio e suoi cavalli diventano così la metafora dello stretto crinale che l’uomo (per ora quello occidentale, soprattutto) ha davanti: come conciliare la nuova etica che ci fa sentire gli animali sempre più simili a noi, che ce ne fa comprendere le sofferenze e l’importanza, con la necessità di salvaguardare dalla standardizzazione consumistica razze animali utili per l’alimentazione della parte ancora carnivora dell’umanità, oppure animali come i cavalli destinati all’addestramento ed al divertimento dell’uomo, a meno di non pensare al ritorno ad una improbabile arcadia di cavalli selvaggi che percorrono in branchi l’Italia e l’Europa urbanizzate.

Uno stretto pertugio nel quale far passare le esigenze umane, anche di sopravvivenza, e l’amore per gli animali che ci fa comprare cibo per cani e gatti (fatto fra l’altro con altri animali) per miliardi, mentre la fame e la miseria colpiscono e uccidono milioni di esseri umani maltrattati, umiliati e vessati nella loro essenza e nei loro diritti basilari, con i 4 piccoli rom di Livorno che avrebbero scambiato volentieri la loro misera tana di cartone e plastica con il lussuoso box, probabilmente climatizzato, del cavallo della contrada del Drago.
E su questa dolorosa lama di coltello della coscienza ci siamo tutti: animalisti e Palio di Siena, ambientalisti, Ong e sviluppisti ad oltranza.

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