[08/08/2007] Rifiuti

Il tritarifiuti è sempre in cima ai pensieri di Matteoli

LIVORNO. Il dissipatore dei rifiuti alimentari è l’oggetto del disegno di legge presentato nello scorso luglio dal senatore ed ex ministro dell’ambiente Altero Matteoli. Obiettivo: «incentivare, mediante la concessione dell’agevolazione fiscale, l’utilizzo di apparecchi dissipatori domestici per lo smaltimento dei rifiuti alimentari al fine di ridurre, nella maggiore quantità possibile, l’accumulo dei rifiuti alimentari medesimi all’interno delle unità immobiliari».

Il dissipatore, conosciuto anche come “tritarifiuti”, è un piccolo elettrodomestico che collegato al tubo di scarico del lavello della cucina, tritura e trasforma in poltiglia tutti i rifiuti e gli avanzi di colazioni, pranzi e cene in modo che possano scivolare via, insieme all’acqua del rubinetto, ed essere eliminati direttamente nel sistema fognario.

Un sistema molto in voga negli Stati Uniti ma che dal punto di vista ambientale crea indubbiamente più disagi che vantaggi: aumenta il consumo di energia nelle case e aumenta i costi dei della manutenzione dei sistemi idrici di depurazione e quelli di smaltimento dei fanghi, senza contare che gran parte delle fognature italiane dovrebbero essere riadattate con tubature più voluminose.

E per la legge vigente? Il testo unico ambientale – varato dallo stesso proponente il disegno di legge – nella parte in cui disciplina gli scarichi in fognatura prevede il divieto dello smaltimento dei rifiuti in fognatura anche se triturati. Fa poi un’eccezione per quelli organici provenienti dagli scarti dell’alimentazione misti ad acqua provenienti da usi civili se trattati mediante l’istallazione di apparecchi dissipatori che ne riducono la massa in particelle sottilissime.

Ma è necessaria una preventiva verifica tecnica degli impianti e delle reti fognarie da parte dell’ente gestore del servizio idrico integrato, infatti si prevede che l’istallazione debba essere preventivamente comunicata.
Evidentemente una ragione per cui l’ex ministro dell’ambiente non obbligava e non incentivava l’istallazione vi doveva essere.
Obbligare l’istallazione e incentivare il suo utilizzo contribuisce infatti a una maggiore concentrazione di inquinanti nei reflui perché gli avanzi delle cucine non sono solo di tipo alimentare ma potrebbero contenere anche altre sostanze non così innocue.
Per non contare che ogni depuratore è tarato sulla base delle caratteristiche delle acque che in esso vengono convogliate. Dunque se cambia la concentrazione di uno degli elementi che normalmente affluiscono all’impianto si possono creare squilibri e scarichi non voluti in mare, in fiume o in lago.

Ogni depuratore infatti è dotato di un by-pass, una sorta di apparecchio di sicurezza che si attiva quando un afflusso non può essere accolto per una qualsiasi ragione. In questo caso lo scarico è diretto nel corpo recettore.
Per le reti fognarie l’utilizzo del tritatutto obbligatorio vorrebbe inoltre dire aumento dell’intasamento delle sue tubature con conseguenze gravi dal punto di vista della manutenzione.
Infine in questo modo non si riutilizza il rifiuto organico, che invece se raccolto in modo corretto può diventare compost di qualità. I fanghi invece non potrebbero essere utilizzati a fini agronomici, perché la loro qualità non può essere elevata in un sistema fognario misto dove nelle acque che arrivano ai depuratori la presenza di inquinanti è elevata.

Il tritatutto quindi non risolve i problemi dei costi e del recupero dei rifiuti della raccolta differenziata. Anzi, al contrario se non confrontato con la capacità tecnica dei sistemi fognari rischia di produrre più danni che vantaggi.

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