[06/08/2007] Parchi

Quanto è sostenibile l’ecoturismo?

LIVORNO. E se l’ecoturismo danneggiasse l’ambiente? E’ più o meno questa la domanda che si sono posti 300 ambientalisti, esperti ed agenti di viaggi specializzati in natura in un recente convegno convocato ad Oslo, in Norvegia,dall’Unep e dalla International Ecotourism Society.

La risposta che si sono dati non è tranquillizzante: in alcune condizioni l’ecoturismo può essere dannoso come i viaggi tradizionali, ad iniziare dai gas serra emessi dagli aerei che portano nelle destinazioni più ambite per la loro integra biodiversità.

Quindi, anche questo tipo di turismo “rispettoso” rischia di mangiare le risorse che vorrebbe proteggere, certo non come le seconde case, certo molto più lentamente e “sostenibilmente”, ma il rischio c’è, visto che proprio l’industria turistica è quella che ha più da perdere (o guadagnare…) dal cambiamento climatico.

Alcune piccole aree protette del Costa Rica puntano ad essere ad emissioni zero, in Italia è partito da Capraia il progetto “isole non-oil” nell’Arcipelago toscano, ma a sentire la International Ecotourism Society, la corsa del turismo “alternativo” verso i parchi nazionali, testimoniata anche in Italia da un aumento di occupazione nelle aree protette, sia diretta che nell’indotto, o nelle isole esotiche circondate da delicatissime barriere coralline, sta crescendo ad un ritmo del 20% annuo dagli inizi degli anni 90, più di tre volte superiore a quello del turismo tradizionale.

Un aumento di domanda e di frequenza che produce gas climalteranti e danni ambientali ed antropologici non voluti, aumentando così a livello globale il rischio di perdita di biodiversità nei parchi nazionali e quello dell’innalzamento del livello del mare che sta già travolgendo alcune piccole isole.

L’ecoturismo sarà sempre più fortemente influenzato dal global warming e, visto la clientela attenta ai temi ambientali a cui si rivolge, anche dalle previsioni di possibili stravolgimenti ambientali in alcune aree, ad iniziare dalla siccità e dal calore che risale velocemente il bacino del Mediterraneo .

Ma l’ecoturismo, per sua natura, richiede collegamenti veloci e costanti, con emissioni di gas serra sempre più abbondanti, che anche i progetti di rimboschimento in atto difficilmente potrebbero risarcire del tutto.

Il dilemma è: come “tagliare” gli arrivi dei turisti nei santuari della natura, che rappresentano spesso l’unica forma di sostegno per le popolazioni locali e l’unica entrata per le aree protette?

A questo il convegno di Oslo non ha saputo dare risposta.

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