[27/07/2007] Rifiuti

Ecomafie in Toscana: giù i reati del cemento su quelli dei rifiuti

FIRENZE. “Ecomafie” è un neologismo inventato da Legambiente e che ormai è entrato di diritto nel vocabolario della lingua italiana, una di quelle parole che semplificano cose complicate e che mette insieme reati diversi che hanno come bersaglio sempre l’ambiente. Oggi Legambiente ha presentato i dati del rapporto “ecomafia 2007” per la Toscana e gli ecoreati sembrerebbero in calo
«Non ci sono grandi sbalzi in classifica – spiega Piero Baronti, presidente di Legambiente Toscana - non ci sono clan criminali, in Toscana, a compiere e ad organizzare fitte reti di reati ambientali. Più che ecomafie e grandi clan mafiosi organizzati intorno al traffico di rifiuti o al racket di animali, si riscontra una preoccupante illegalità ambientale diffusa».

Anche così però la regione si piazza al settimo posto nella classifica nazionale delle illegalità ambientali riscontrate nel 2006, un dato non certo confortante, anche se lontano da quelli delle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Calabria, Sicilia e Puglia), che da sole coprono il 45,9% delle infrazioni. Un altro quarto dei reati se lo dividono Lazio, Sardegna, Toscana e Liguria. Nel centro Italia i reati aumentano del 21,9% rispetto al 2005, ma diminuiscono le persone denunciate o arrestate, la Toscana è in controtendenza, con un calo dei reati (da 1480 a 1421) ed un aumento degli arresti (da 1463 a 1541), mentre diminuiscono i sequestri (da 497 a 338). A fare la parte del leone per gli ecoreati sono il ciclo del cemento e quello dei rifiuti.

Nonostante il clamore suscitato da alcuni episodi e il fiorire di comitati, le illegalità nel ciclo del cemento sembrano in diminuzione in Toscana: dal 4° posto dal e dal 5° 2006 con 553 infrazioni, la regione scende al 6° nel 2007, con 454 infrazioni accertate, calano anche denuncie ed arresti (802 a 660) e i sequestri (da 131 a 114). Ma le forze dell’ordine e Legambiente tengono la guardia alta, e l’eElba viene portata come esempio di un abusivismo edilizio che è sostenuto da «un humus d’illegalità che spazia dai cantieri per la costruzione delle due villette abusive a Portoferraio finiti sotto sequestro, alla presunta associazione di tipo mafioso, dedita all’estorsione e all’usura a cui sono stati sequestrati beni per circa 8 milioni di euro, tra cui aziende agricole, terreni, appartamenti e fabbricati». Le altre aree di pregio ambientale su cui “preme” il mattone illegale sembrano le colline del capannorese (Lu) con opere difformi rispetto alle concessioni, costruzioni abusive di piscine e di altri manufatti. Ma C’è anche la villetta abusiva accanto al parco delle Apuane o quella a Quarrata (Pt) in area a vincolo paesaggistico, oppure le residenze turistico alberghiere a Massa Carrara che secondo la magistratura sono diventati miniappartamenti in vendita. Senza dimenticare le infrazioni commesse da stabilimenti balneari o il più corposo cantiere abusivo Capolona (Ar) in zona a vincolo paesaggistico.

Per quanto riguarda le illegalità nel ciclo dei rifiuti la Toscana è sull’altalena: era 6° posto del rapporto 2005, ´11° nel 2006, 8° quest’anno, con un aumento del numero di infrazioni (da 222 a 267) in controtendenza con il calo nazionale (da 4797 a 4409) e un aumento percentuale dei reati toscani su quello nazionale (dal 4,6% al 6,1%). Forte anche l’aumento di denunce e arresti (da 251 a 616) mentre diminuiscono i sequestri (da 104 a 76) in linea con il trend italiano.

Ecomafie 2007 ricorda inchieste transregionali come “Olio Contaminato” «che ha visto in un´azienda livornese il fulcro di un´organizzazione criminale dedita al traffico di rifiuti pericolosi, in particolare attraverso il miscelamento di oli contenenti sostanze nocive con oli non contaminati, in modo tale da abbassare la concentrazione di tali sostanze al di sotto dei limiti concessi dalla legge per evitare gli ingenti costi di smaltimento previsti.» o “Creosoto”, che ha coinvolto la Toscana nel traffico e smaltimento illecito di traversine ferroviarie «che, anziché essere trattate come rifiuti speciali pericolosi, venivano vendute ad aziende agricole o imprese edili».

Reati che secondo Legambiente non vedono in Toscana come protagonista la criminalità organizzata ma che attirano imprenditori “disinvolti” perché «possono portare ad alti profitti, comportano bassi rischi. È così che, pur di ridurre i costi di smaltimento, si fa sempre più consistente il numero di imprenditori, trasportatori o tecnici disposti a violare la legge. Sono decine e decine le storie di illegalità, di saccheggi, di inadempienze e corruzioni».

E il rapporto ricorda le tre discariche abusive contenenti 400 tonnellate di olii, catrami, pneumatici, parti di autovetture, attrezzature corrose, nei comuni di San Sepolcro e Pieve Santo Stefano(Ar) o i 12 bidoni metallici da 200 litri con lubrificante di origine minerale, ritrovasti sempre in provincia di Arezzo, accanto ad un’area dove sono stati ritrovati cumuli di rifiuti speciali. Oppure l’area di 45.000 mq a Villafranca in Lunigiana (Ma) usata come discarica abusiva di detriti edili e terroso o i 3.000 metri cubi scaricati da un’impresa edile senese che hanno deviato il corso del torrente Tressa, deviando addirittura così il corso del torrente. E poi le sempre più diffuse piccole discariche di «onduline, lastre e tubi in amianto che vengono scelleratamente abbandonati anziché smaltiti osservando le necessarie precauzioni».
Ma quanto pesa in queste classifiche la confusione normativa con la conseguente difficoltà di aziende e enti di controllo per interpretare l´ininterpretabile? E ancora, quanto pesa una dotazione assolutamente carente di impianti per il trattamento dei rifiuti speciali e pericolosi prodotti?

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