[23/07/2007] Acqua

Direttiva acque, secondo ´avviso´ Ue all´Italia

LIVORNO. La commissione europea invia il secondo e ultimo avvertimento scritto per il recepimento completo della Direttiva 2000/60/CE, con un ulteriore parere motivato di fine giugno che è stato disposto contro l’Italia per la violazione della normativa comunitaria sulle acque.

La Direttiva sulle acque istituisce il quadro generale europeo per la protezione di tutti i corpi idrici (fiumi, laghi, acque costiere, acque sotterranee e acque superficiali interne) dell’Unione europea. Ha l’obiettivo di ottenere una buona qualità delle acque entro il 2015 attraverso la riduzione dell’inquinamento e favorendo la cooperazione nella gestione delle risorse idriche all’interno di ogni bacino idrografico. Obiettivi che si inseriscono in quelli più ampi della politica ambientale della Comunità: contribuire a perseguire la salvaguardia, la tutela e il miglioramento della qualità dell’ambiente nonché all’utilizzo accorto e razionale delle risorse. Una strategia fondata sui principi di precauzione, prevenzione e sul principio “chi inquina paga”.

La vicenda risale al 12 gennaio 2006, quando la Corte di Giustizia condanna l’Italia per mancato recepimento della direttiva entro il termine previsto (22 dicembre 2003).
Nel maggio 2006 l’Italia invia alla Commissione il testo del Dlgs 152/06 che recepisce la direttiva quadro in materia di acque. Ma la commissione ritiene che il decreto non sia completamente conforme alle disposizioni europee. In particolare sostiene che siano recepite solo in parte le disposizioni che stabiliscano le condizioni che gli Stati membri devono soddisfare qualora intendono derogare agli obiettivi ambientali e al calendario previsti dalla direttiva.

Eppure Bruxelles non fa che ripetere che nella penisola si perdono a causa della scarsa manutenzione degli impianti 200 litri a testa di acqua durante il loro percorso e che le regioni mediterranee potrebbero vedere dimezzate le loro risorse entro il 2070.
Ma nonostante la costituzione in mora e i dati europei, la situazione non è cambiata: l’Italia non ha fatto niente per adeguarsi alle disposizioni comunitarie sulle quali era già stata redarguita. E se il suo stato di inerzia continua il Bel paese rischia di pagarne le conseguenze. La Commissione, infatti, può decidere di adire alla Corte di Giustizia europea la quale potrà condannare l’Italia al pagamento della sanzione.

In visione di ciò potrebbe essere letta la decisione di venerdì del consiglio dei ministri di approvare il secondo “correttivo” al testo unico ambientale. Il testo di revisione del Codice ambientale approvato il 20 luglio dal consiglio dei ministri prevede disposizioni in materia di rifiuti, bonifiche ed acqua.
Evitare la sanzione e dunque recepire completamente i disposti comunitari accelerando i tempi della approvazione della revisione in materia di acque potrebbero essere la soluzione alla condanna eventuale.

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