[19/07/2007] Elettrosmog

I campi elettromagnetici preoccupano dove l´informazione è scarsa

LIVORNO. La pubblica opinione si divide sui possibili effetti dei campi elettromagnetici (Cem) fra chi è molto preoccupato (13%) o abbastanza (35%); chi non è molto preoccupato (35%) o non lo è per niente (14%) e chi non sa (3%).

Questi i risultati della ricerca recentemente diffusa dalla Commissione europea che da anni si occupa di monitorare gli effetti dei campi elettromagnetici sulla popolazione e sulla salute umana e divulgata da Arpat. Stavolta la sua attenzione si è focalizzata su tre punti: il grado di preoccupazione dei cittadini; le informazioni ricevute sul tema; quale debba essere il soggetto istituzionale responsabile della protezione dei cittadini.

I campi elettromagnetici sono generati dalle linee elettriche, dalle apparecchiature di emittenza radiofonica e televisiva, dalle antenne per la telefonia mobile, dai forni a microonde, dai televisori, dai computer, dagli asciugacapelli ed in generale da tutti gli elettrodomestici.

Molteplici sono dunque le fonti che generano le radiazioni che si dividono in ionizzanti e non ionizzanti. Le prime sono quelle prodotte dai raggi x e dai raggi gamma, utilizzati per esempio in radiologia. Hanno la caratteristica di rompere i legami atomici che tengono unite le molecole delle cellule e sono in grado di alterare la materia. Le seconde invece, sono quelle a bassa energia che non sono in grado di rompere i legami molecolari. Rientrano fra queste i raggi ultravioletti, i raggi infrarossi, le microonde, le radio frequenze, gli ultrasuoni. Il loro principale effetto è quello di provocare il riscaldamento dei tessuti che può causare danni alla salute. E la pericolosità delle onde dipende dal tempo di esposizione e dalla quantità assorbita, anche se sulla quantità e sulla qualità il dato scientifico non consente ancora certezza.

Ecco dunque che entra in gioco il concetto di rischio. Esso è ovviamente legato al progresso, alle innovazioni tecnologiche, alla capacità di una società di affrontare le criticità derivate dalla ricerca di un benessere crescente. E´ questo che mette di fronte a contraddizioni oggettive. Da un lato gli elettrodomestici e la telefonia mobile rispondono a esigenze della vita quotidiana della popolazione, dall’altro comportano l’esposizione prolungata a campi elettromagnetici che potrebbero provocare danni alla salute umana.

Esaminando in dettaglio i dati europei possiamo notare che l’Italia è uno dei paesi più preoccupati (69% della popolazione) insieme a Grecia (86%) e Cipro (82%), mentre i meno preoccupati sono svedesi (27%), finlandesi (28%), danesi (30%) olandesi, estoni, ungheresi e cechi (31% della popolazione statale).

E le ragioni di tale preoccupazione sono da individuare nella quantità e qualità delle informazioni circa i potenziali rischi per la salute. Quattordici dei 28 Paesi - così come si legge dalla ricerca riportata da Arpat - sono insoddisfatti delle informazioni disponibili e preoccupati. Il che dimostra che in mancanza di una adeguata informazione la percezione del rischio potenziale aumenta. Infatti l’80% della popolazione europea dichiara di non essere sufficientemente informata. L´ informazione è recepita per la stragande maggioranza da televisione e stampa (soprattutto per giornali e riviste 36%) mentre l´11% adopera internet.

Il sondaggio poi evidenzia che la maggior parte dei cittadini europei (60% dei cittadini dei 25 stati membri a cui è stato rivolto il quesito) non considera le autorità pubbliche abbastanza efficienti in relazione ai potenziali rischi dei campi elettromagnetici sulla salute umana.

E riguardo al livello di protezione, europeo o statale, prevale l’opinione secondo cui debba essere lo Stato con le sue istituzioni interne a occuparsi della tutela della salute: il 54% (sui 25 stati coinvolti nella ricerca) contro il 29% che vede il livello europeo come il più appropriato. In particolare si sono registrate le percentuali più alte a favore del livello nazionale in Finlandia (71% della popolazione), Svezia (66%), Polonia (63%) ed anche l’Italia (60%) mentre a Cipro e in Germania si preferirebbe una responsabilità a livello europeo.

In generale l’approccio normativo comunitario ed italiano (ricordiamo che quasi tutta la normativa ambientale italiana è di derivazioine europea) é di tipo preventivo e precauzionale volto ad inibire danni alla salute. Nella maggior parte dei casi in mancanza di dati scientificamente provati, vengono fissati dei valori-limite. Questi costituiscono una misura di cautela ai fini della protezione da possibili effetti di lungo periodo e dunque rappresentano degli indici di valutazione, superati i quali la percentuale di rischio aumenta.

Torna all'archivio