[18/07/2007] Energia

Fiammate nucleari e fiammate mediatiche

LIVORNO. L’energia nucleare non è l’alternativa valida al petrolio e al carbone e non contribuirà alla lotta contro i cambiamenti climatici. E la conferma che ancora oggi è così arriva solo indirettamente dal grave incidente accaduto alla centrale di Kashiwazaki-Kariwa in Giappone. I 1200 litri di perdita di acqua radioattiva in mare e i bidoni di scorie che si sono rovesciati e di cui ancora si sa ben poco, conseguenti all’incendio divampato nella centrale a causa del terremoto, hanno soprattutto riproposto quello che è lo scenario attuale dell’atomo e che Gianni Mattioli e Massimo Scalia hanno ottimamente ridisegnato sul Manifesto.

Primo punto: al ritmo con cui si utilizza attualmente l’uranio, l’ultimo rapporto dell’Agenzia Onu per l’energia atomica puntualizza che le riserve termineranno entro 35 anni. Per cui, nell’ipotesi di un aumento – che sia graduale o spinto – di centrali e quindi di sfruttamento di questa materia prima quel periodo non può che accorciarsi. Inoltre, i futuri o futuribili impianti che dovrebbero sorgere nel mondo hanno tempi di realizzazione che vanno da 15 a 30 anni. Dunque saranno pronti (se lo saranno) quando i cambiamenti climatici (se non si metterà mano subito e in modo significativo al problema) saranno più gravi e quando soprattutto le riserve di uranio saranno ridotte al lumicino.

Secondo punto: non esiste ancora un modo sicuro e sostenibile di smaltimento o stoccaggio delle scorie. Terzo punto: se anche è vero che le centrali nucleari non producono C02 hanno lo stesso molti impatti almeno sulle precedentemente citata problematica dello smaltimento delle scorie. Quarto punto: la sicurezza della III generazione (la IV è ancora allo studio e forse il primo prototipo sarà dopo il 2020) non lo è al 100% e non solo per il problema del fattore umano. Qui entra, infatti, in gioco proprio l’incidente della centrale di Kashiwazaki-Kariwa: il Giappone è considerato all’unanimità il Paese che ha investito di più sulla sicurezza e che dà le maggiori garanzie rispetto al resto del mondo. Anche dal punto di vista dell’informazione e della trasparenza della gestione. E invece entrambe le cose ora vengono messe parecchio in discussione, anche se è possibile pure osservare (ma non è certo incoraggiante), che se questo incidente fosse accaduto altrove avrebbe avuto conseguenze assai peggiori.

Le comunicazioni sono arrivate in modo frammentato e non rigoroso. Omissioni, fraintendimenti non si sa quanto casuali o voluti. Che hanno generato la consueta schizofrenia anche dei mass media nostrani. Esempio tra gli esempi il Giornale con un commento di Franco Battaglia a pagina 8 con il significativo titolo: “L’isteria nucleare in prima pagina”, praticamente smentito dallo stesso quotidiano due pagine dopo nel pezzo “Giappone, continua l’allarme nucleare. Chiusa la centrale”. Che dire poi del nostro scienziato Antonio Zichichi che proprio ieri ha detto: “E’ vero che la quantità di anidride carbonica nell’atmosfera è aumentata da quando è iniziata l’era industriale. Ma di questo fenomeno l’uomo è responsabile solo del 10%. Per il resto incidono fenomeni naturali”. Dunque, seguendo il suo ragionamento, a che cosa serve investire maggiormente sul nucleare se tanto la C02 non dipende dall’attività umana (come invece 2500 studiosi dell’Ipcc hanno assicurato al 99%)?

Mentre la discussione prosegue – e senza, lo ripetiamo, veri argomenti nuovi – i consumi in questi giorni crescono a ritmi sostenuti perché tra l’altro ancora la battaglia sul risparmio energetico è tutta o quasi da combattere e da vincere e di fronte al caldo, la stragrande maggioranza delle persone non sembra voler affatto rinunciare ai condizionatori. E’ dunque su risparmio ed efficienza che bisogna impegnarsi a fondo e sulla promozione delle energie rinnovabili e alternative (eolico, solare, geotermia, idroelettrico), sapendo che "non è come accendere un interruttore" e che dunque nel periodo transitorio dovrà essere utilizzato il gas. Il tutto portato avanti necessariamente e obbligatoriamente utilizzando il criterio direttore della sostenibilità.

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