[09/07/2007] Consumo

Anche i cuochi dicono No al parmigiano ogm

LIVORNO. Buone pratiche in cucina. Sono quelle adottate da due chef tra i migliori in Italia (Gambero Rosso) che hanno deciso combattere la battaglia contro gli ogm insieme a Grenpeace. Stiamo parlando dei bolognesi Marcello e Gianluca Leoni. I due hanno deciso di lanciare una ricetta esclusiva il cui ingrediente principale è il Parmigiano-Reggiano non-ogm. «Pensiamo che sia giusto premiare la fiducia del consumatore – hanno detto - e che quest´ultimo venga tutelato dal Consorzio del Parmigiano-Reggiano».

«Il Consorzio - sostiene Marcello Leoni - è sicuramente l´organismo che maggiormente può svolgere tale ruolo, ancor prima delle attività di controllo svolte dai vari Nas e ispettori veterinari».
La campagna di Greenpeace per eliminare gli Ogm dalla filiera produttiva del Parmigiano - Reggiano intanto continua a raccogliere adesioni. Sono già oltre 9mila le richieste inviate al Consorzio tramite il sito www.parmigiaNOgm.it.

«Il problema - spiega Federica Ferrario, responsabile della campagna Ogm per Greenpeace - riguarda i mangimi, in particolare l’utilizzo di soia Ogm della Monsanto, come si può evincere dalle stesse etichette dei mangimi utilizzati in molti degli allevamenti aderenti al Consorzio, con tutte le problematiche legate sia all’immissione in natura che agli effetti, non ancora completamente conosciuti, che gli Ogm potrebbero avere sulla sicurezza alimentare. La possibilità che Dna transgenico possa trovarsi nel latte non può essere esclusa, specie nel caso di animali nutriti con Ogm per lungo tempo, come i bovini».

L’esperienza di numerose aziende italiane – sostiene Greenpeace - dimostra che oggi è possibile e conveniente escludere l’uso di Ogm da tutti i passaggi della produzione, sia negli ingredienti sia nei mangimi animali. Una scelta praticabile oltre che necessaria, proprio per tutelare questa produzione, anche dal plagio dei vari Parmesan o Regianito, come già dimostrato dalla produzione biologica e da quegli allevatori aderenti al Consorzio che, autonomamente, hanno già attivato filiere completamente non-Ogm anche nei mangimi.

Vediamo dunque se in questo caso l’uso di testimonial darà i frutti sperati. Quello che va osservato è però che ci sarebbe bisogno anche che l’Ue avesse una posizione più ferma sugli ogm, perché le ultime iniziative fanno pensare esattamente il contrario. Noto, infatti, il caso del biologico con l’autorizzazione comunitaria all’innalzamento della soglia accidentale di ogm fino allo 0.9 per cento (era allo 0.1).

Facciamo presente solo a titolo informativo che l’agricoltura biologica, se fatta secondo i canoni previsti dalla legge 2078 del 1992, non solo ha un impatto notevolmente inferiore rispetto a quella industriale e tradizionale, ma eviterebbe qualunque discorso sugli ogm, visto che semplicemente non li prevede. Non ci sono zero virgola. Se invece la sperimentazione di ogm è sfuggita di mano e allora non si può essere sicuri che neppure nel biologico più controllato e rigorosa non ci siano organismi modificati, allora è tutto un altro problema e bisognerebbe avere il dovere/coraggio di dirlo.

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