[03/03/2006] Urbanistica

Rischio idrogeologico, Lucca è la provincia più esposta

ROMA. Il 7,1% del territorio italiano è a rischio idrogeologico. I comuni che potrebbero essere travolti da alluvioni e frane sono il 70% del totale (ben 5.581) e in Calabria, Umbria e Valle d´Aosta si arriva al 100%. I principali eventi alluvionali dal 1993 hanno causato 343 vittime, con danni economici per oltre 10 miliardi di euro. Nel solo 2003 le alluvioni hanno coinvolto più di 300mila persone e le risorse economiche necessarie al ripristino delle aree colpite sono state pari a 2.184 milioni di euro. Sono i numeri impressionanti contenuti nel dossier di Legambiente «La difesa del suolo in Italia» presentato a Roma nel convegno «Uso del suolo e rinaturalizzazione» organizzato dall’associazione ambientalista e che ha visto la partecipazione del ministro dell´ambiente Altero Matteoli e di Guido Bertolaso, capo dipartimento della protezione civile.

Nel dossier c’è anche molta Toscana: i comuni a rischio di frane ed alluvioni sono il 98%. Più in pericolo sono solo Valle d’Aosta, Umbria e Calabria (100% dei comuni a rischio) e Lombardia (99%). Tra 15 province italiane con la superficie a rischio idrogeologico più ampia, la prima è Lucca con il 31% del territorio provinciale a rischio, Livorno è sesta con il 19,5%, Pistoia dodicesima con il 16,7%.
Nel decennio 1993-2003 eventi alluvionali ritenuti importanti hanno colpito aree della Toscana nel 1996, 2000, 2002 e 2003. Va un po’ meglio per i fenomeni franosi con un indice di franosità del 4,5 che posiziona la Toscana lontano dal 18,7 delle Marche, ma il numero di fenomeni franosi, 29257, è comunque alto: 127 frane ogni 100 kmq.
Complessivamente sono ancora troppi i Comuni che non svolgono una efficace ed adeguata politica di prevenzione, informazione e pianificazione d’emergenza. Solo un comune su tre risulta svolgere un lavoro positivo per la mitigazione del rischio idrogeologico. Il 36% addirittura non fa praticamente nulla per prevenire alluvioni e frane. Dati che confermano che il percorso per una piena sicurezza dei cittadini è ancora lungo: solo un Comune su 100 svolge un ottimo lavoro di mitigazione del rischio idrogeologico.
Per fotografare lo stato di attuazione dei piani e il lavoro svolto a partire dalla legge 183/89, Legambiente ha inviato a tutte le autorità di bacino un questionario articolato in quattro punti: pianificazione, piano e tipologia degli interventi, normativa e i vincoli d´uso del territorio, partecipazione pubblica ai processi di elaborazione e redazione dei piani

Le autorità di bacino
Hanno risposto 20 autorità di bacino su 38 e tra queste 2 nazionali, 10 interregionali e 8 regionali. Mancano i dati relativi ad alcuni bacini idrografici di importanza nazionale, tra i quali il Tevere e l’Arno che interessano la Toscana. Più sentita è stata invece la risposta delle autorità di bacino interregionali, è proprio da questi bacini di medie dimensioni che arrivano i segnali maggiori di un´inversione di tendenza nella difesa del suolo, ovvero non solo regimazioni e artificializzazione dei corsi d´acqua ma anche rinaturalizzazione e destinazioni d´uso per le aree fluviali, come il caso del bacino del Magra. I risultati delle risposte sono stati poi elaborati e riepilogati in alcuni paragrafi tematici per delineare rispetto ad alcuni punti chiave per Legambiente, quali sono le azioni che sono state messe in pratica e quali quelle da attuare per ridurre il rischio connesso con il dissesto idrogeologico e, a 17 anni dall´entrata in vigore della legge 183, quale è lo stato di avanzamento delle attività di pianificazione per la difesa del suolo nel nostro paese. Il dossier è corredato anche da schede su vertenze aperte dal Cigno verde, tra queste Sos Tevere e l´inquinamento salmastro delle falde del Magra.

«La difesa del suolo in Italia» è consultabile nella sezione documenti del nostro giornale

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