[04/07/2007] Consumo

I trent´anni (oggi) della campagna contro la Nestlè

LIVORNO. La campagna contro la Nestlè compie oggi trent’anni. E’ la campagna più famosa e longeva della storia del consumo critico che dagli anni 70 è arrivata fino ai giorni nostri. Dalla tragedia del latte in polvere distribuito nei Paesi più poveri, allo scandalo italiano dei prezzi gonfiati, la campagna più popolare combatte contro le strategie di marketing e di vendita del gigante agro-alimentare svizzero.

Il boicottaggio viene lanciato dall’Internatinal Nestlè Boycott Committee nel 1977 per costringere l’azienda a interrompere la promozione dell’uso di latte in polvere, che ogni anno causava la morte di un milione e mezzo di bambini (quasi tre ogni minuto) nei Paesi del sud del mondo.

Nel 1981, dopo quattro anni di intensa campagna, l’organizzazione mondiale della sanità promulga il Codice internazionale sulla commercializzazione del latte materno che la multinazionale sottoscrive solo tre anni dopo. Ma nel 1988 si scopre che la multinazionale distribuisce gratuitamente il latte liofilizzato negli ospedali violando il codice. Nello stesso anno, quindi, si riapre la campagna di boicottaggio. La situazione, però, non cambia nonostante le continue proteste civili e lo schieramento contro la Nestlè dell’Unicef. Comunque, secondo l’organizzazione inglese dei consumatori Ethical Consumer il bilancio della multinazionale nel 1993 sarebbe stato influenzato negativamente dal calo delle vendite.

E nel 2003 la campagna viene investita di un nuovo vigore. Alla richiesta della Nestle di 6 milioni di dollari al governo dell’Etiopia per una questione legata ad un esproprio i consumatori insorgono. L’azienda deve fare marcia indietro. E il bilancio del 2003 viene chiuso con ricavi pari a 87,98 milioni di franchi svizzeri, in calo rispetto agli 89,16 miliardi dell’anno precedente. Un calo che l’azienda giustifica con l’apprezzamento della moneta rispetto all’altre valute e non per il boicottaggio messo in atto.

Dal punto di vista dei prezzi, già nel 2000 l’antitrust aveva sanzionato la Nestlè per aver creato insieme ad altre cinque multinazionali un cartello restrittivo sulla concorrenza del latte liofilizzato. Questi mantenevano troppo alti i prezzi, limitavano la vendita dei prodotti nelle farmacie e si spartivano con una rotazione mensile gli ospedali ed i pediatri a cui fornire gratuitamente campioni di latte in polvere. Nel 2004 sempre l’Antitrast avviava una seconda istruttoria sulla questione dei prezzi a carico di 12 aziende. Il latte in polvere in Italia veniva venduto a 40 euro al chilo contro 7-8 euro in Ungheria, 12-14 in Inghilterra, 19, 50 in Francia. E nel 2006 il tribunale di Torino indagava otto produttori di latte in polvere, fra cui la Nestlè, per i prezzi troppo alti: anche l’80% in più rispetto all’Europa.

Ma quali sono le conquiste più importanti raggiunte dalla campagna? «Conquiste poche, ma importati. – spiega Alberto Castagnola, economista ed esperto in tematiche di economia internazionale e di rapporti fra Nord e Sud del mondo - . L’allattamento al seno è diventato una priorità assoluta per i paesi del Sud Prima dell’emanazione del codice i medici occidentali permettevano, alle puerpere del Sud, anche l’allattamento artificiale, forma tipica delle madri occidentali. Ma nel Sud l’allattamento al seno è vitale per i bambini perché fornisce una immunizzazione naturale che non può essere cancellata, pena la morte». Dunque la campagna continua.

Torna all'archivio