[28/06/2007] Comunicati

Cambiamenti climatici, nella tradizione la ricetta per affrontarli?

FIRENZE. Ritorno al passato per affrontare i cambiamenti climatici. Può sembrare un controsenso per coloro che individuano nella tecnologia l’unico modo per contrastare il global warming, ma in realtà sono ancora molte le lezioni dei nostri avi che possono aiutarci in questa situazione difficile. O almeno possono essere integrate con le altre necessarie azioni. Ed è con questo spirito che la regione Toscana ha scelto di ospitare il centro mondiale sui saperi tradizionali contro i cambiamenti del clima dell’Onu.

«Le conoscenze tradizionali – ha detto Claudio Martini (Nella foto) dopo la firma sulla convezione che dà il via alla costituzione a Firenze del nuovo centro - , quel sapere antico che ha contribuito a plasmare i nostri paesaggi e i nostri centri storici, offrono soluzioni e strumenti sempre più attuali per affrontare la sfida dei cambiamenti climatici globali, della lotta alla desertificazione e per pianificare un futuro sostenibile. Per questo la Regione Toscana ha deciso di ospitare il Centro internazionale dell’Onu che si propone di creare una banca dati mondiale, curando attraverso Internet la raccolta delle tradizioni antiche in uso nei vari paesi in modo non solo da evitare che si disperdano, ma da favorirne la diffusione. Dalla conoscenza di queste tradizioni, insieme alla ricerca e alla tecnologia, possono venire soluzioni utili per contrastare l’inquinamento, l’eccessivo uso delle risorse naturali, i cambiamenti climatici, insomma un contributo per uno sviluppo sostenibile. La Toscana, ospitando questo centro nella Villa Medicea di Careggi, insieme al centro europeo per il paesaggio, diventerà un riferimento importante per numerosi organismi internazionali».

Il presidente della Regione ha firmato insieme al segretario generale dell’Unccd, agenzia dell’Onu per la lotta alla desertificazione, Hama Arba Diallo. Dopo, a Palazzo Bastogi in sala giunta, si sono aperti i lavori della conferenza della rete di esperti internazionali sulle conoscenze tradizionali (in programma fino a domani) per elaborare strategie comuni su “Cambiamenti climatici, desertificazione, conflitti ambientali e migrazioni”.

«E’ un passaggio importante – ha detto sempre Martini - Le conoscenze tradizionali, che costituiscono una componente fondamentale dell’identità toscana, apprezzata in tutto il mondo per la salvaguardia delle tradizioni, la tutela della qualità della vita, dei paesaggi e delle culture e per il suo impegno per la pace, possono stimolare tecniche innovative e imprese di qualità, fondendo una dimensione globale con quella locale, radicata nella storia dei territori. Dando il via al Centro, la Toscana si propone come guida internazionale di una strategia di salvaguardia e diffusione innovativa delle conoscenze tradizionali, e si dichiara disponibile ad assumersi ulteriori impegni per combattere gli effetti dei cambiamenti climatici che ci riguardano tutti e su cui dobbiamo lavorare insieme per un futuro sostenibile e migliore».

Per Bruno Dettori, sottosegretario del ministero dell’ambiente che è tra i promotori del Centro internazionale, «è la realizzazione di un progetto che contribuirà a costruire un mondo più giusto. Partendo da Firenze e dalla Toscana, terra di dialogo, è più facile raggiungere il pianeta».

Il centro Onu per le conoscenze tradizionali. Nasce da un accordo tra ministero dell’Ambiente e Unccd, a cui è seguita una iniziativa parlamentare che ha impegnato il governo a realizzare il Centro a Firenze. La sua realizzazione è stata affidata alla società Ipogea di Pietro Laureano. La Regione Toscana gli ha destinato come sede la Villa Medicea di Careggi. Tra i primi compiti la costituzione di una banca dati sulle esperienze tradizionali e sul loro uso innovativo.

Tra le tecniche tradizionali a cui adattare le nuove conoscenze scientifiche per trovare soluzioni innovative e sostenibili e contrastare gli stravolgimenti del clima e l’avanzata della desertificazione, domani si parlerà di gallerie drenanti per riportare l’acqua nelle osai del Sahara, cisterne di captazione per alimentare i depositi idrici nelle Murge vicino a Matera, terrazzamenti e muri a secco per prevenire le frane e l’erosione dei suoli in Perù, tetti-giardino sulle case obbligatori a Tokio, barriere di foglie di palma secche per smorzare la forza del vento e frenare l’avanzata delle sabbie del deserto in Cina, Mongolia e nel Sahara, sbarramenti in Tibet per trattenere l’acqua dei ghiacciai nel periodo del disgelo e impedirne così l’arretramento.

«Le conoscenze tradizionali – ha affermato Pietro Laureano di Ipogea, la società a cui è stata affidata la realizzazione del centro internazionale dell’Onu per raccogliere, scambiare e divulgare le conoscenze tradizionali da utilizzare contro i cambiamenti climatici - costituiscono il sapere antico dell’intera umanità e le soluzioni locali che hanno permesso la costruzione e la gestione di ecosistemi e paesaggi culturali in tutto il pianeta. Questa buone pratiche, che si sono forgiate in situazioni di ristrettezza di mezzi e in società preindustriali caratterizzate da una forte coesione sociale ed integrazione ambientale, costituiscono risposte a basso spreco di energia e consumo di risorse, capaci di adattarsi alle variazioni ambientali e di rispondere con flessibilità ad emergenze e catastrofi».

Studiare il passato per capire il presente e progettare il futuro è un’azione che dovrebbe essere insita nell’uomo, ma purtroppo non è sempre così. Per quanto riguarda l’ambiente facciamo solo un esempio: la costruzione dei porti turistici ha dato in varie parti come conseguenza quella dell’erosione delle spiagge vicine. Una ´lezione´ arrivata nell’arco di qualche anno, non di secoli. Ma nonostante tutto se ne stanno progettando ancora un’infinità e senza alcun criterio o quasi di sostenibilità. Dal passato dunque le lezioni arrivano, ma anche dal presente, il problema però è impararle.

Torna all'archivio