[27/06/2007] Urbanistica

Coste in erosione, clima e urbanizzazione minacciano il turismo

LIVORNO. Al workshop di Palermo di Apat e ministero dell’ambiente su cambiamenti climatici e ambiente marino costiero, la seconda tappa di avvicinamento alla Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici 2007 che si terrà a settembre a Roma, si discute di vulnerabilità delle aree costiere italiane e dei possibili contributi alla predisposizione di una strategia nazionale di adattamento e di gestione integrata delle coste. Ma anche se il soffocante caldo africano che ha colpito la Sicilia in questi giorni rappresenta un evidente campanello d’allarme, le strade proposte per affrontare il globalwarming non sembrano del tutto coincidenti,.

Per Mario Parlavecchio, della commissione ambiente alla regione siciliana «Palermo non può andare in crisi per una giornata di caldo. I cambiamenti climatici portano danni enormi e per questo occorre fare un salto di qualità, adottando un’adeguata politica regionale». Poi Parlavecchio esprime un collegamento un po’ azzardato tra mitigazione dei mutamenti climatici e rifiuti: «nella regione Sicilia esiste questa volontà politica e lo si è dimostrato puntando sui termovalorizzatori e facendo un grande lavoro anche riguardo al rischio idrogeologico».

Invece, nel presentare il workshop, Roberto Caracciolo, direttore del dipartimento stato dell’ambiente e metrologia ambientale dell’Apat, aveva fatto notare che «le strategie adottate finora non sono state sufficienti per affrontare il problema dei cambiamenti» ed ha detto che le strategie di mitigazione e adattamento, sono utili ma «non servono a bloccare gli effetti del cambio di clima, ma a mitigarne gli effetti. La definizione di tali strategie è l’obiettivo della Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici di settembre». E’ quindi necessario cercare soluzioni che facciano convivere la società con l’ambiente futuro, che si presenterà modificato, cercando di limitare gli effetti negativi».

Per Caracciolo un ruolo importante lo giocherà «la riduzione dei gas serra tramite le energie alternative, ma finora le politiche adottate non sono andate nella giusta direzione, tanto è vero che i valori registrati in Italia sono del 19% maggiori rispetto a quelli imposti dal protocollo di Kyoto», mentre la sfida davanti alla conferenza nazionale è quindi quella di «immaginare una programmazione territoriale basata su dati proiettati nel futuro e non, come d’abitudine, su dati rilevati nel presente; i tecnici dovranno abituarsi a questa nuova modalità di
lavoro basata sulle previsioni, con l’obiettivo di redigere un catalogo delle iniziative da inserire nella Finanziaria del 2008». Anche perché per ricostruire le spiagge italiane servirebbero più di 150 milioni di metri cubi di sabbia, più di quanto sia oggi possibile estrarre in Italia da fondali marini e alvei fluviali.

Caracciolo ha anche proposto alcuni dati alla riflessione: «In Italia si stanno perdendo più di 1.500 chilometri di coste sabbiose su circa 4.000. Se si immaginasse di agire lungo tutta questa fascia costiera erosa dalla forze del mare e no più rifornita dall´apporto dei fiumi, si dovrebbe dedicare solo all´azione di ripascimento almeno un miliardo e mezzo di euro. Alla fine del secolo con il livello del mare più alto di 30 centimetri il fenomeno di arretramento della riva delle spiagge basse potrebbe comportare un aumento dei costi di ripascimento del 30-40%´´. Caracciolo ha evidenziato anche i dati del piano d´azione Mediterraneo dell’Unep-Map di cui Greenreport aveva già parlato nelle scorse settimane: il 40% della linea costiera in Italia è occupata da aree urbane, costruzioni, infrastrutture e tra meno di 20 anni la percentuale sarà del 50%.

Secondo i Wwf, l´80% dei siti di interesse comunitario costieri è destinato a sparire a causa dell´erosione. -, che ha aggiunto: Il direttore dell’Arpa Sicilia Sergio Marino ha detto: «nella nostra isola l’argomento mare è importantissimo, in quanto si tratta di una risorsa anche di natura imprenditoriale. L’emergenza caldo di questi giorni rappresenta un chiaro campanello d’allarme ed è prevedibile che i tempi per rientrare nella stabilità non saranno brevi, per cui occorre che sia i cittadini che le istituzioni si adoperino per favorire il ritorno alla normalità».

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