[27/06/2007] Aria

La mezza Italia che brucia nelle proprie contraddizioni

LIVORNO. Mezza Italia è andata a fuoco, ettari ed ettari di boschi e colture importanti allo stesso tempo per l’ambiente e per l’economia. Per il loro valore intrinseco di patrimonio naturale e per i riflessi indiretti che hanno per catturare quell’anidride carbonica che è causa di questa situazione: polmoni rimasti a dare ossigeno ad un paese sempre più invaso dalla cementificazione.
Per il valore paesaggistico e per quello che indirettamente questo significa per l’economia turistica e agricola, che sempre più tende a legare il territorio alle coltivazioni che su di esso si realizzano e ai prodotti che attraverso le trasformazioni agroalimentari si ottengono.

Mezza Italia è stata piegata - in due giorni - dal caldo fuori norma, per essere solo a fine giugno, tanto che si contano già le prime vittime tra gli anziani, i più sensibili a queste ondate di calore accompagnate dall’umidità che ne accentua i disagi.
Palermo ha sperimentato l’effetto dei primi blackout, sia programmati sia inattesi, per i picchi di richiesta energetica che queste condizioni di temperatura hanno innescato per il ricorso massiccio all’accensione dei condizionatori. Con semafori impazziti e una città nel caos.

Mezza Italia già adesso - e siamo solo a inizio estate - preannuncia la richiesta di interventi per calamità. Dimenticando o facendo finta di non sapere che questi sono solo i prodromi di quanto ci aspetta. Continuando ad utilizzare termini che rimandano a fenomeni “imprevedibili” e “inattesi” quando questi sono ormai eventi che già fanno parte del quotidiano. Caldo torrido, incendi, siccità, disagio e aumento della mortalità tra gli anziani, cui si vuole aumentare la pensione minima perché rappresentano un canale “interessante” per la leva dei consumi. E perché così, magari, possono permettersi anche loro un condizionatore per l’aria che respirano.

Segni di un paese che è in ritardo. Lo è per le politiche, anche quelle di emergenza: è del 18 giugno la circolare della presidenza del consiglio dei ministri per l’emergenza incendi, appena un settimana prima che scoppiasse la crisi.
Sarà a settembre la conferenza per il clima, con interventi quindi di mitigazione, forse pronti per la prossima estate torrida, ma non certo per questa.

Lo è per la cultura che bolla come inconciliabili con il paesaggio e con le attività agrituristiche di un territorio le pale eoliche e non si pronuncia o non si interroga invece di quanto analogamente lo siano ettari di patrimonio boschivo e agrario andato a fuoco.
E mentre mezza Italia è sul rogo, una sentenza del Tar reputa legittimo il ricorso presentato da un imprenditore agricolo di rango e da una associazione ambientalista di grande prestigio contro un parco eolico a Scansano, in provincia di Grosseto.

«Questa sentenza è molto importante perché ci auguriamo che comporti un ripensamento della politica regionale riguardo all’eolico - esulta la consigliera nazionale di Italia nostra Margherita Signorini - insieme al comitato nazionale del paesaggio riteniamo che la vocazione della Toscana non sia quella di sviluppare la tecnologia dell’eolico, ma altri tipi di energie rinnovabili quali il solare, il fotovoltaico, il solare termodinamico e le biomasse».

La decisione della magistratura nessuno la vuole contestare, ma al di là dei rilievi mossi dal Tar toscano all’impianto di Scansano, resta che nel caso specifico, come in generale, l’eolico è una delle energie rinnovabili cui è necessario rivolgersi per frenare i fenomeni connessi ai mutamenti climatici. Di cui gli avvenimenti che abbiamo vissuto in questi giorni sono solo alcuni dei segnali, a noi più vicini.

Ma verso l’installazione delle pale eoliche c’è invece ancora una resistenza culturale, assai diffusa. Una resistenza che non è certo aiutata ad evolvere da un atteggiamento della politica che non coglie la priorità dettata dagli scenari di questi giorni per mettere i temi dei cambiamenti climatici al primo punto dell’agenda di governo. Che affida alla protezione civile, alla forestale e ai messaggi televisivi che richiamano al risparmio gli interventi. E rimanda a decisioni future il da farsi.

Assumere come prioritario invece l’agire sui cambiamenti climatici, darebbe un messaggio importante ai cittadini, alle imprese, al paese intero che questa è la strada per coniugare ambiente ed economia, lavoro e qualità della vita. Per tutti.

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