[22/06/2007] Aria

Quarto rapporto Ipcc: c’è anche una ricerca italiana sulle emissioni naturali di metano

LIVORNO. L’ntergovernmental panel on climate change (Ipcc) ha inviato ai governi ed agli esperti del mondo il Synthesis Report of the IPCC Fourth Assessment Report (AR4 SYR) sui cambiamenti climatici, che reassume I documenti da approvare nella ventisettesima sessione dell’Ipcc che si terrà dal 12 al 17 novembre 2007 a Valencia, in Spagna. Il documento contiene diverse novità e tra queste una recente scoperta scientifica realizzata da Giuseppe Etiope della sezione Roma 2 dell’Ingv, l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, sulle emissioni naturali di metano dalla crosta terrestre.

«Il metano che fuoriesce naturalmente dalle aree petrolifere e geotermiche della crosta terrestre è stato, fino ad ora, il grande assente tra i gas indicati come responsabili dell´effetto serra». Eppure spiegano all’Ingv, si produce «un degassamento diffuso e intenso di metano attraverso le rocce, lungo le faglie, specialmente dove esistono giacimenti petroliferi profondi. Le manifestazioni più evidenti del fenomeno sono i vulcani di fango e i cosiddetti “seep”, fuoruscite di gas a bassa temperatura, in genere metano al 90-99%, che esistono da millenni sui continenti e sui fondali marini».

Giuseppe Etiope, spiega che «dal 2001 abbiamo analizzato i maggiori seep esistenti in Italia, in Romania, in Grecia e in Azerbaijan, il paese con i più grandi vulcani di fango al mondo, e sono stati misurati sistematicamente i flussi di gas in atmosfera. Abbiamo integrato i nostri dati con quelli acquisiti negli Stati Uniti e con studi atmosferici eseguiti da Keith Lassey del National institute for water and atmospheric research in Nuova Zelanda, uno dei maggiori esperti mondiali di gas serra. Ma una delle scoperte più importanti è quella di una esalazione naturale diffusa e costante su grandi aree nelle zone petrolifere».

In queste aree l´emissione media annuale è compresa tra 100 e 1000 tonnellate di gas per Km2, le emissioni sono legate alla presenza di faglie attive e sembrano aumentare con i terremoti che sembrano attivare i più grandi vulcani di fango che eruttano grandi quantità di metano, come in Azerbaijan e Romania dove violente eruzioni hanno scaricato in atmosfera centinaia di migliaia di tonnellate di metano in poche ore.

Altrove il fenomeno è segnalato dai "fuochi perpetui", fiamme che fuoriescono dal suolo per l´autocombustione del metano. In vaste aree di tettonica attiva, esistono profondi di idrocarburi con un flusso diffuso e microscopico dal suolo, chiamato microseepage. A questo va sommato il metano emesso dalle riserve petrolifere nascoste nei fondali marini.

L’Ingv stima che il metano immesso in atmosfera ogni anno sia sui 40-60 milioni di tonnellate l’anno, «circa il 10% dell’emissione globale di metano dovuta all’attività dell’uomo e ai processi naturali. Una quantità che è superiore a quella di altre sorgenti di gas serra, come gli incendi, le discariche, il ciclo vitale delle termiti, i processi biochimici in ambiente marino».

Ora il dato viene recepito anche dall’Ipcc che lo fa diventare elemento di discussione scientifica a livello mondiale.
«E’ il riconoscimento – commenta soddisfatto Enzo Boschi, presidente dell’Ingv - che anche i processi geofisici e geologici del pianeta Terra possono avere un ruolo nei cambiamenti atmosferici e climatici”. Questi studi dimostrano che il pianeta Terra deve essere studiato nel suo insieme, senza compartimenti stagni, e che in particolare l’atmosfera non è indipendente dalla geosfera, ovvero dalla terra solida. Questo fatto ci obbliga a pensare sempre più in maniera interdisciplinare; il clima e i cambiamenti globali non possono essere studiati solo con i modelli teorici e considerando solo la biosfera e l’attività dell’uomo».

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