[21/06/2007] Acqua

Consorzi di bonifica, e se la questione fosse: cosa fanno e come lo fanno?

LIVORNO. Quando parliamo di enti locali o di autonomie locali ci riferiamo alla medesima realtà: soggetti pubblici che concorrono a formare l’apparato statale e che provvedono alla cura degli interessi delle collettività di riferimento.
Gli enti locali, per la gestione associata di uno o più servizi e per l’esercizio associato di funzioni, possono costituire un consorzio, il quale si caratterizza per essere soggetto distinto ed autonomo rispetto agli enti partecipanti. I Consorzi di Bonifica sono appunto soggetti distinti rispetto agli altri enti locali.

I compiti e le funzioni del Consorzio di Bonifica possono essere ben esplicitati utilizzando una sentenza della Corte Costituzionale (n°66 del 1992), la quale recita testualmente: «La bonifica è un’attività pubblica che ha per fine la conservazione e la difesa del suolo, l’utilizzazione e tutela delle risorse idriche e la tutela ambientale. I Consorzi di Bonifica sono una delle istituzioni principali per la realizzazione degli scopi di difesa del suolo, di risanamento delle acque, di fruizione e di gestione del patrimonio idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale e di tutela degli assetti ambientali ad essi connessi».

Un ruolo di grande importanza in un territorio come quello del nostro paese in cui il 7,1% della superficie (vale a dire 21.505 Kmq) è interessata da rischio idrogeologico e in cui la mancanza di manutenzione del suolo è causa di frane, alluvioni e danni ingenti alla popolazione e all’economia. Tuttavia, i compiti dei Consorzi di Bonifica sono piuttosto sconosciuti alla stragrande maggioranza dei cittadini e spesso degli stessi consorziati: sono scarse le informazioni sulla loro natura, nonché sui compiti che sono loro affidati e, soprattutto, sull’attività che sono chiamati a svolgere.

Colpisce allora che le notizie che appaiono in questi giorni sulla stampa, in particolare oggi su Il Tirreno, siano tutte rivolte solo ai costi necessari per tenere in vita questi soggetti. E nessuna attenzione invece si rivolga al loro operato e su quanti dei compiti cui sono chiamati a rispondere vengano effettivamente ed efficacemente svolti.
Questa sembrerebbe infatti la chiave di lettura per poter poi argomentare, eventualmente, sui costi del tenere in vita questi organismi e della eventualità di riformarli facendo passare anche loro dalla stretta dei tagli che la regione Toscana ha intenzione di fare.

Perchè è difficile credere che a qualcuno venga in testa che in una regione come la Toscana, dove il 98% dei comuni è soggetto a rischio idrogeologico, che non serva la funzione in capo ai Consorzi di bonifica, ovvero la manutenzione del territorio. Semmai c’è da interrogarsi se così come viene attualmente svolta è la maniera corretta, funzionale e soddisfacente, tale da giustificare un certo costo o se sarebbe meglio magari aumentare i costi per lo svolgimento della funzione, passando però le stesse competenze ad altri livelli istituzionali. Ma se di certo argomentare sui costi della politica è elemento che offre un garantito appeal, non è detto che lo sia altrettanto (anzi quasi sicuramente non lo è) parlare invece di questioni legate alla necessità di mantenere il territorio ponendolo a riparo dagli attuali rischi. E la penna va dove la porta l’audience.

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