[19/06/2007] Rifiuti

Loja (Ecuador) , quando povertà fa rima con sostenibilità

LIVORNO. Povertà può far rima anche con sostenibilità. Lo dimostra quello che è accaduto (e sta accadendo) in Ecuador, precisamente a Loja. Si tratta di una città di 160mila abitanti che nel 1996 risultava una delle più degradate del paese. La sua storia viene raccontata su State of the world 2007. La principale causa dello situazione in cui versava Loja era la politica dell’utilizzo del territorio, praticamente piegata totalmente sulla logica della deforestazione. Così i fiumi spesso straripavano e l´aria era sempre più inquinata a causa di camion che trasportavano continuamente il legno. Inoltre i rifiuti si accumulavano nelle strade, nei fiumi e finivano direttamente nei pressi del parco nazionale di Podocarpus.

Questo lo scenario che si trovò di fronte il sindaco José Bolivar Castello. Il primo cittadino, rimasto in carica per 8 anni, si ispirò - racconta Rob Crauderueff su State of the world - «ai ricordi di quando ero ragazzo, prima che Loja diventasse così inquinata» e decise così di provare a trasformarla (riuscendoci) in ciudad ecologica y saludable. Attraverso una politica di correlazione tra stato di salute dell’ecosistema, delle popolazione umana e dell’economia.

Cominciò con politiche ambientali alla scala della contea mirate al miglioramento della gestione municipale di infrastrutture come l’acquedotto. Così fu portata l’acqua anche ai quartieri più poveri. Poi l´esproprio del 20% dei terreni di proprietari che erano edificabili per dedicarli a verde pubblico. Zone queste che servono come spugna «perché – spiega l’architetto di Loja Jorge Munos Alvarado – trattenendo l’acqua impedediscono ai fiumi di straripare». Quindi, mobilità sostenibile con circolazione consentita a mezzi il più possibile meno inquinanti compresi gli autobus.

Per quanto riguarda i rifiuti, riporta il testo del Worldwatch, a Loja si è arrivati ad un risultato molto significativo: il 95% della popolazione pratica la raccolta differenziata e le pulizie delle strade vengono fatte una volta al giorno. Dal punto di vista igienico dunque le cose sono migliorate moltissimo e sono anche meno i rifiuti che fiscono direttamente in discarica. Inoltre la città ora guadagna 50mila dollari l’anno dalla vendita di materiale riciclato e sono stati creati 50 nuovi posti di lavoro.

Non cose clamorose, ma pensiamo da dove è partita Loja e che stiamo parlando dell’Ecuador, uno Stato da sempre molto povero. Da segnalare inoltre che non è stata posta alcuna tassa sul riciclo, ma che il 20% di ogni bolletta dell’acqua è andato a finanziarie una parte del programma, mentre altre quote sono arrivate dalla tassa sulle autostrade e da altri fondi pubblici. Così – sottolinea Crauderueff del Sustainable South Bronx di New York – il riciclo, invece di rimanere un progetto isolato, è entrato a far parte di un piano più grande di lavori pubblici e di progetti di sviluppo. Ora è chiaro che questo modello non è esportabile tout court ovunque nel mondo (nessuno lo è), ma è la dimostrazione che ovunque si può (deve) cambiare rotta. Verso la sostenibilità. Anche senza tante risorse economiche.

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