[15/06/2007] Comunicati

Cina, crescita, materie prime e schiavitù

LIVORNO. La Cina continua a crescere e lo fa con ritmi che lasciano strabiliati gli stessi analisti dell’economia. Un più 18,1% di produzione per i primi cinque mesi di quest’anno, 2,5 punti di percentuale in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. E a fronte di questa corsa verso una crescita produttiva così vorticosa, è altrettanto forte la ricerca delle materie prime.

Quelle interne non sono infatti più sufficienti da tempo e da tempo la ricerca di commodities si è rivolta principalmente laddove il pianeta ne è più ricco e soprattutto laddove sono reperibili a basso costo. Economico, sociale e ambientale. Per questo l’Africa è territorio di conquista per la Cina, divenuta ormai invitata permanente al forum di Davos, che è in questi giorni in trasferta a Città del Capo, Sudafrica.

Da lì Li Ruogu, l’uomo di Pechino per le relazioni con il mondo finanziario internazionale, presidente della Banca cinese per l’Export-Import, rivela la ricetta della Cina per l’Africa. E non solo.

Presente con 300 progetti da 10 miliardi di dollari in ben 48 stati africani, la Cina non ci sta a fare la parte del nuovo colonizzatore, ma anzi quella di un partner con scambi alla pari e portatore di crescita e di sviluppo. «Compriamo materie prime - dice Li Ruongu in un’intervista sul sole 24 ore - ma in cambio costruiamo scuole, strade, ponti. Prendiamo e portiamo sviluppo». E alla domanda di quale sia la filosofia cinese dello sviluppo, risponde: «Gli altri vogliono che con l’aiuto ci sia una crescita democratica dei paesi interessati. Noi no, non chiediamo a nessuno di diventare comunista per fare affari con noi».

Se è per questo nemmeno gli altri chiedono democrazia per fare affari, ma forse Li Ruongu intendeva il controllo su determinati territori, tanto che continua: «Noi vogliamo il petrolio, non il controllo. Noi non interveniamo nelle dispute etniche o religiose: quello che conta è lo sviluppo. Questo è l’approccio cinese». Appunto lo sviluppo senza se e senza ma. Senza badare a cosa comporta, a chi si ha di fronte e cosa si lascia dietro questo sviluppo, in termini di disastri ambientali e di diseguaglianze sociali.

Per Li Ruongu l’unico limite è la non interferenza negli affari interni di altri, perché se si procede nell’amministrare un paese in un determinato modo o c’è una ragione (anche di cattivo regime) o non si può fare diversamente.
Ma rispetto ai casi di schiavitù nel lavoro, per cui la Cina sta raggiungendo un terribile primato, dato che sono continue le notizie che riguardano persone - compresi bambini - scoperti (e liberati per fortuna) a lavorare in condizioni di effettiva schiavitù in fabbriche gestite come lager, chissà in che categoria li classificherebbe il signor Li Ruongu: cattivo regime o perché non si può fare diversamente? Forse perché per star dietro allo sviluppo così come lui lo intende non si può fare diversamente, dato che il regime cinese prevede che si vada a scuola fino a diciotto anni.

Torna all'archivio