[12/06/2007] Consumo

L´infanzia rubata in Cina e le colpe dell´occidente

LIVORNO. Oggi è la giornata mondiale contro il lavoro minorile e da più parti - a cominciare dalla Fao - si pubblicano dati che riguardano il vergognoso sfruttamento dei bambini per alimentare un mercato dei consumi che non risparmia nemmeno l’infanzia. Anzi si potrebbe dire che spesso riguarda in primo luogo proprio loro. Si legge infatti nel rapporto Play Fair, organizzazione promossa e sostenuta dai sindacati occidentali dei lavoratori tessili e dalla Ong Clean Clothes, che quattro delle fabbriche che hanno ottenuto l’autorizzazione ufficiale dal comitato olimpico di produrre gadget per le olimpiadi di Pechino 2008, sfruttano il lavoro dei bambini, trattati poco più che schiavi e senza alternative, per produrre zaini, quaderni e altri materiali per la scuola.

Catena di montaggio sfiancante, senza alcun tipo di protezione per le sostanze tossiche usate, nessun turno di pausa, salari che è un eufemismo chiamarli tali: sono queste le condizioni disumane - anche per gli adulti - cui sono sottoposti bambine e bambini di appena dodici anni in quattro stabilimenti nel Gandong e a Shenzen, nella Cina meridionale. Quelle dove gli attivisti umanitari sono riusciti a raccogliere clandestinamente le testimonianze denunciate, ma le fabbriche dove avvengono questi abusi sono sicuramente molto più numerose. Per queste il comitato olimpico di Pechino ha annunciato che verranno revocate le licenze, che quasi sicuramente però verranno rilasciate ad altre che continueranno purtroppo ad operare in maniera analoga, in un clima di omertà e collusioni tra potere politico e polizia.

Questa potremo dire è la doppia contraddizione dell’avvenimento che il prossimo anno vedrà protagonista la Cina per i giochi olimpici. Da un lato il business che ormai caratterizza la manifestazione nata con ben altri obiettivi, dall’altro l’opportunità che i riflettori puntati su questo paese offriranno, per far emergere le condizioni sociali che lo caratterizzano, dove la crescita economica ha raggiunto livelli da iperbole, portandosi dietro però livelli di insostenibilità sociale e ambientale altrettanto iperbolici.

Fenomeno che purtroppo si registra in maniera analoga in altre parti del pianeta, dove per tenere il passo con un mercato ormai globalizzato e con le esigenze di consumi in continuo aumento ovunque, lo sfruttamento dei minori e le condizioni disumane di lavoro sono diventate una realtà diffusa.

Nel settore tessile e dell’abbigliamento, in quello dello sfruttamento minerario come in agricoltura. E proprio riguardo a questo settore anche Coldiretti denuncia oggi che, secondo i documenti divulgati dall´organizzazione Internazionale del lavoro, sarebbero 132 milioni i minori di 15 anni (il 70 per cento del totale dei bambini sfruttati sul lavoro) che nel mondo lavorano nei campi, esposti ai pericoli che derivano dalla fatica e dall´utilizzo di macchinari pesanti, strumenti pericolosi e sostanze chimiche. Dalle rose alle banane provenienti dall´Equador, dai gelsomini egiziani allo zucchero di canna del Sud America, fino all´olio di palma della Malesia usato come biocarburante pulito nei Paesi più sviluppati, sono infatti solo alcuni dei prodotti ottenuti dallo sfruttamento del lavoro minorile in agricoltura che senza saperlo (o facendo finta di non saperlo) potrebbero essere acquistati sul mercato.

Per soddisfare le richieste di consumi di un mondo ormai tarato su standard cui non vuol rinunciare. Per nessuna ragione. Nemmeno quella dei diritti dell’infanzia. Spesso violata, per le stesse ragioni, anche da questa parte del pianeta.

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