[07/06/2007] Rifiuti

Un contributo sul cdr

Poiché mi sembra che sul cdr permangano tuttora una serie di equivoci sui quali qualcuno fa il furbo (“ci marcia”) vorrei proporre un contributo che spero possa chiarire qualcosa o, almeno, più cose di quante inevitabilmente arriverà a confondere. Ma, per essere ben chiari, prima devo dire una cosa un po’ controcorrente: io ritengo che l’incenerimento dei rifiuti sia una delle tecnologie possibili; una tecnologia che, nella stragrande maggioranza dei casi, è superata da sistemi integrati di trattamento rifiuti e da tecnologie specifiche migliori; ma che non può essere indicata, come quasi sempre succede, quale responsabile di tutte le nefandezze immaginabili.

Di più, anche se generalmente esistono alternative migliori, più pulite, più educative, meno costose, ecc…., è certo che in qualche caso, raro finché si vuole ma pur sempre reale, può rappresentare un miglioramento rispetto alla situazione esistente. E questo possibile caso non può essere trascurato, ma ha diritto di essere studiato e valutato senza pregiudizi.

Dunque, dicevo del cdr. Senza entrare nello specifico, vorrei fare alcune brevi considerazioni.
1. Il cdr, dove ‘c’ sta appunto per combustibile, non può avere (allo stato attuale, ahimé, quasi dappertutto) altro destino che l’incenerimento. Discorso diverso sarebbe se si proponessero nuove applicazioni, come per esempio una vera termovalorizzazione con reattori al plasma, o qualche cocombustione molto ragionata, o altro; ma in genere così non è, e di tecnologie aggiornate o di sperimentazioni non si parla quasi mai. Dunque, su queste basi, dire che il cdr rappresenta addirittura un’alternativa all’incenerimento, ma senza specificare bene cosa se ne vuole fare, fa sorridere. Sarebbe meglio confessare senza ipocrisie che la fabbricazione di cdr serve principalmente a spostare, ma direi meglio a sbolognare, il problema-inceneritore a qualcun altro.

2. Se, come spesso si dice, il cdr è un male necessario, sarebbe bene almeno cercare di ridurne al minimo la quantità puntando, per esempio, al massimo recupero del residuo indifferenziato (dopo ovviamente la raccolta differenziata) . E, quindi cercare di separare la sua frazione secca da destinare al cdr da quella a matrice prevalentemente organica che si può unire a quella organica derivante dalla rd. Ciò consentirebbe di ridurre la quantità di cdr destinato alla combustione (chiamiamo le cose col loro nome), di migliorarne la qualità, e di recuperare più organico da avviare alla produzione di compost, evitando nel contempo nuove sorgenti di gas-serra (CH4, CO2, mercaptani,...) e creando maggior valore. Invece, ammaliati dalla possibilità di raggranellare qualche spicciolo per sanare bilanci che non si è capaci di gestire altrimenti, si tende spesso ad avviare quel residuo alla bioessiccazione - vale a dire ad una sorta di compostaggio, per così dire, “interruptus” - e produzione di cdr di qualità inferiore.
E questo non sta forse a significare che s’intende il cdr non già come un male necessario da ridurre il più possibile, ma invece come fonte di profitto di cui aumentare il più possibile la produzione? E non è dare alimento (letteralmente) alla vituperata combustione dei rifiuti solidi urbani?

3. Uno dei meccanismi più efficaci messo in atto dalla civiltà della tecnica per facilitare la funzionalità di quell’apparato che la vivifica e la perpetua è, innegabilmente, la deresponsabilizzazione dell’individuo e del processo produttivo. Nell’organizzazione produttiva, il vero fulcro di questo perverso meccanismo è con ogni probabilità la frammentazione di lavoro e lavorazioni, mascherata e smerciata come specializzazione, che consente di ridurre la partecipazione diretta e morale dei vari attori alle conseguenze finali del processo produttivo.
All’ombra di questa ipocrisia strutturale, sapientemente coltivata dalla pseudocultura dominante, cosa c’è di più facile per liberarsi la coscienza che raccontare che si fa una cosa che si chiama cdr piuttosto che, orrore!, “confessare” che si sta preparando del materiale per l’aborrito incenerimento?

4. Il cdr è un prodotto in sé perfino interessante ma che assume il suo reale valore solo se è ben precisato il suo successivo utilizzo. Altrimenti diventa la triste copertura di qualcosa che non si ha nemmeno il coraggio di menzionare; dimenticando, tra l’altro, che dare un nome alle cose è il primo passo per poterle padroneggiare.

*Osservatorio per la Qualità della Vita

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