[07/06/2007] Parchi

Fusilli: «La legge sui parchi non si tocca nella prima parte, ma va aggiornata»

PISA. Domani si inaugura alla Stazione Leopolda di Pisa, alla presenza del ministro dell’ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, il festival nazionale “ParcoLibri”, alla quale parteciperà anche Matteo Fusilli, presidente di Federparchi, al quale chiediamo cosa ne pensa di questa iniziativa al suo debutto.

«E’ un’iniziativa importante e innovativa – dice Fusilli - ormai i parchi sono diventati una realtà sul fronte dell’editoria, con centinaia di titoli che riguardano le aree protette, la loro pianificazione e gestione, la biodiversità, le guide turistiche ed ai prodotti tipici. Una quantità che è anche qualità da far conoscere, valorizzare. Per questo il festival di Pisa è importante e per questo Federparchi, dal prossimo anno, sarà presente al Salone del libro di Torino»

Federparchi terrà a Pisa anche la sua assemblea nazionale.
«Abbiamo deciso di far coincidere la nostra assemblea con “ParcoLibri” per valorizzare questa iniziativa, anche perché gli spunti che ci dà, rendono la nostra assemblea più consapevole delle sfide che ci aspettano»

Di cosa discuterete?
«Soprattutto di come arrivare all’annunciata terza conferenza nazionale sulle aree protette. Il tema centrale è quello di come aprire una nuova stagione per i parchi, di come far crescere ancora queste realtà così importanti»

Ma qualcuno dice che ormai la legge quadro sui parchi mostra tutta la sua età, anche secondo lei è superata?
«Per Federparchi la legge 394/91 è come la Costituzione italiana: non si tocca nella prima parte, quella dei principi e delle finalità dell’istituzione delle aree protette. Vanno invece modificate e cambiate alcune norme organizzative, va fatta una manutenzione della legge, a cominciare dal piano triennale che non è stato attuato. Ai parchi bisogna dare certezza di fondi, cambiare lo status degli amministratori, permettere acquisizioni di professionalità oggi impossibili, soprattutto nel campo dello sviluppo sostenibile. Il massimo livello che si può raggiungere nell’amministrazione di un parco è quello di funzionario, ma così le professionalità migliori non entrano o abbandonano».

E questo perché?
«Quando è stata fatta la legge, nel 1991, non avevamo consapevolezza di fenomeni di portata planetaria ma che riguardano direttamente le aree protette, come il cambiamento climatico. Il problema che abbiamo di fronte è come il sistema parchi debba affrontare questo nuovo scenario. Abbiamo bisogno di trasformare i parchi nei luoghi dove avviene il monitoraggio dei cambiamenti in corso, ma anche dove si sperimentano ed applicano le azioni ed i progetti di mitigazione del global warming e di salvaguardia della biodiversità. Questa è una nuova stagione per i parchi, con una nuova missione che va riconosciuta, anche nella legge».

Ma in questo quadro le comunità del parco, che dovevano affiancare enti e direttivi, non è che abbiano svolto un gran ruolo.
«Al di là di qualche singola esperienza positiva, questo è vero. Nelle comunità del parco spesso prevalgono i singoli interessi municipali e non invece una visione territoriale complessiva, raramente le comunità sono state un grande momento di discussione sui progetti del parco. Le difficoltà dipendono anche dal fatto che in certi parchi le comunità sono costituite, come nel Cilento, da 5 Comunità montane, 80 . 90 comuni, poi c’è la provincia e la regione, è come riunire il Parlamento. E’ indubbio che così siamo di fronte a situazioni negative. E allora il parco dove funziona è “presidenziale”. Il presidente diventa il punto focale, soprattutto se è attivo, competente e conosce il territorio».

Allora ha ragione chi chiede di cambiare la legge?
«La partecipazione degli enti locali è importante, ma se si vuole che sia utile bisogna rivederne ruolo e numeri. Questo vale anche per il direttivo dell’ente parco: 12 consiglieri, anche in parchi di piccole dimensioni e che coinvolgono pochissimi comuni, forse sono troppi. Ma va rivista anche la qualità e competenza reale dei membri del direttivo del parco. Faccio un esempio: come si fa a non avere quasi mai un agricoltore all’interno del direttivo, visto che il ministero delle politiche agricole nomina di solito o un politico o un forestale? Lo stesso vale per i rappresentanti del mondo universitario che molto spesso non hanno legami diretti con il territorio dei parchi. Insomma, anche qui bisogna ridurre il numero dei consiglieri e puntare di più sulla qualità, le competenze reali e la conoscenza diretta del parco».

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