[05/06/2007] Comunicati

Rapporto Unep: «40% popolazione a rischio per fusione ghiacci»

LIVORNO. Secondo il rapporto “Global outlook for ice and snow”, al quale hanno lavorato oltre 70 esperti dell’ United Nations Environment Programme (Unep), pubblicato in occasione della giornata mondiale dell’ambiente, il ritiro dei ghiacciai ai poli e sulle montagne potrebbe avere conseguenze pesanti su miliardi di persone.

«Benché questo rapporto parli di ghiaccio e neve – ha detto Achim Steiner, segretario generale aggiunto dell’Onu e direttore esecutivo dell’Unep – riguarda altrettanto bene le persone residenti nei tropici o sotto i cieli temperati (da Berlino a Brasilia, passando per Pechino e Boston), che gli abitanti dell´Artico e delle regioni di montagna ricoperte da calotte glaciali».

Leggendo il rapporto sulle prospettive mondiali per i ghiacciai e la neve si scopre che «la perdita di neve ed la ritirata delle calotte glaciali delle montagne dell´Asia avranno un impatto diretto o indiretto sul 40% della popolazione mondiale. Le conseguenze sono multiple ed importanti: l´approvvigionamento di acqua dolce (per l´agricoltura e il consumo) sarà ridotto, l´innalzamento dei livelli del mare avrà ripercussioni sulle regioni costiere e sulle isole con minore altitudine e la subsidenza dei suoli attualmente gelati e altri fenomeni rappresentano delle minacce crescenti»

In tutte le più alte catene montuose del mondo, le comunità locali dovranno far fronte a sfide simili: la fusione dei ghiacciai provocherà un aumento dei rischi di valanghe, il rialzo delle temperature e la fusione del permafrost, il suolo gelato delle regioni artiche, provocherà l’estensione di nuove aree sommerse dall’acqua in luoghi come la Siberia, facendo emergere il metano finora trattenuto, con un suo violento spargimento in atmosfera. Il metano è un potente gas serra e le più recenti ricerche indicano che i laghi formati dal disgelo produrranno 5 volte più metano del previsto. Parallelamente, meno neve ed una diminuzione delle banchise, produrranno un maggior assorbimento di calore sulle terre emerse e sui mari polari, accelerando così il riscaldamento globale, un fenomeno che, secondo gli esperti dell’Unep, potrebbe portare a cambiamenti climatici molto più rapidi e repentini, con ripercussioni notevoli sulle popolazioni, l’economia e la fauna.

Ad essere più colpite saranno le comunità autoctone che non hanno le risorse finanziarie e le conoscenze tecnologiche necessarie ad adattarsi, visto che in molte regioni montane ed artiche non sono state prese misure per seguire il ritmo veloce dei cambiamenti climatici.

«Il 2007 – ha sottolineato Steiner – segna l´anno del disgelo, in termini di cambiamento climatico, fondamenti scientifici, impatti e costi probabili. In effetti, il Gruppo intergovernativo sull´evoluzione del clima ha concluso che il costo si innalzerà almeno dello 0,1% del Pil annuale mondiale. Far fronte alla sfida che pone il cambiamento climatico rappresenta dunque l’affare del secolo. L’anello mancante è una volontà politica universale. Il rapporto reso pubblico oggi dovrà dare gli argomenti necessari ai popoli per permettere di prendere i loro leader da parte, ed incoraggiarli a domandargli quanto la temperatura dovrà ancora aumentare prima che agiscano in favore di un accordo, equo e visionario, di riduzione delle emissioni a Bali nel prossimo dicembre».

A preoccupare sono soprattutto i ghiacciai dell’Antartico e della Groenlandia che rappresentano il 98 - 99% del ghiaccio d’acqua dolce del pianeta, secondo il rapporto: «la fusione totale dei ghiacciai della Groenlandia porterebbero ad un innalzamento dei livelli del mare di sette metri. Un disgelo dell’ordine del 20% in Groenlandia e del 5% in Antartide darebbe come risultato un innalzamento da 4 a 5 metri». E questo, se non ridurremo i gas serra, rischia di avvenire entro il prossimo secolo e sarà ancora più rapido se il rialzo delle temperature in mare e nell’atmosfera continuerà a destabilizzare i ghiacciai, visto che dal 1990 al 2006, la fusione delle calotte polari e dei ghiacciai ha gia provocato un innalzamento annuale di 3 millimetri del livello del mare.

«Se non verrà adottata alcuna misura di adattamento e tenuto conto della popolazione censita attualmente nel mondo – dice il rapporto Unep – un innalzamento del livello del mare di un metro esporrà 145 milioni di persone ad inondazioni, l’Asia sarà la regione più colpita. Altre regioni che potrebbero essere severamente toccate sono le isole più basse e le popolazioni dei mega delta del Gange-Brahmaputra, del Mekong e del Nila. Il paese di minore altitudine più in pericolo è il Bangladesh».

Tutto questo causerebbe un danno quantificabile in circa 950 miliardi di dollari a carico di comunità, industrie ed infrastrutture, ma il “global outlook for ice and snow” mette in evidenza anche le ricadute della fusione dei ghiacciai sugli animali, partendo da quelli economicamente più importanti per l’uomo.

Uno dei primi effetti della fusione della neve nelle zone subartiche è infatti che la neve gela di nuovo, creando una patina coriacea che impedisce alle renne di brucare i licheni, la loro principale risorsa alimentare. Secondo l’Unep «il caribù di Peary ha subito perdite catastrofiche nelle isole artiche dell’America del nord e l’animale è oggi inserito tra le specie minacciate. La formazione dello strato di ghiaccio è stata identificata come una delle principali cause della sua sparizione».

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