[04/06/2007] Consumo

In California nasce la global warming diet contro inquinamento e obesità

LIVORNO. In California va di moda la “global warming diet”, nata dalla collaborazione tra la cuoca Laura Stec ed il professore di meteorologia dell’università di San José, Eugene Cordero, che serve a rimanere in linea e a ridurre le emissioni di CO2.
La dieta si basa sul fatto che prima di arrivare in tavola il cibo viene trasformato, imballato, trasportato, con uno spreco energetico notevole: secondo uno studio dell’Università di Chicago, nel 2002 la produzione alimentare Usa comportava il consumo del 17% delle energie fossili del Paese. Uno spreco che potrebbe essere ridotto mangiando prodotti locali, provenienti da agricoltura biologica, di stagione, facendo attenzione allo spreco ed utilizzando meno imballaggi, comprando grandi quantità e coltivando i propri alimenti.

Ma nel quadro di questa “dieta” va anche ridotto il consumo di carne visto che, secondo un rapporto dell’Onu del 2006, il bestiame sarebbe responsabile del 18% delle emisssioni di gas serra, soprattutto negli Stati Uniti, dove le mucche sono allevate con il mais, una derrata che genera carbonio, e attraverso colture intensive che impoveriscono il suolo e richiedono massicce dosi di fertilizzanti.

La “nuova” dieta é basata su legumi di stagione, the verde, tofu, riso integrale, orzo, ma anche carne di manzo allevato all’aria aperta. Una dieta che somiglia molto a quella mediterranea, ma che evidentemente é una novità eclatante in California, dove pure l’attenzione all’ambiente è molto più acuta che a livello federale.

L’idea è venuta a Eugène Cordero guardando il film di Al Gore «che ha sensibilizzato un largo pubblico sul riscaldamento climatico – dice il professore all’agenzia Fp – ma non parla del cibo e del consumo che noi ne facciamo. Pertanto, delle ricerche hanno dimostrato che le nostre scelte alimentari possono avere un effetto simile all’acquisto di un’auto ibrida o di una lampada a risparmio energetico».

La “global warming diet” potrebbe essere un toccasana per un’America dove l’obesità è già un grave problema sociale, se poi si aggiunge a questo la dimensione ambientale, forse sarà più facile convincere il consumatore di hamburger a basso costo a passare ad un buon piatto di cereali e legumi, magari non mangiando a dicembre i pomodori importati dall’Australia per via aerea.

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