[01/06/2007] Comunicati

E’ crudele la natura?

C’è un pensiero che si autodefinisce anche lui cristiano, ma che, per la verità, non è sempre stato coerente con la visione della natura come “causa più alta”, con l’uomo ben inserito in essa per mezzo di relazioni per così dire “paritetiche” e reciprocamente rispettose. Anzi, questo pensiero obliquo e parassita, ospite non gradito della più genuina tradizione e della morale cristiana non farisea, ha spesso cercato, perfino con un certo disastroso successo, di far passare il concetto, invero assai poco cristiano, che tutto ciò che nella creazione (qualunque cosa s’intenda con questa parola) è stato fatto, e che dunque è certamente “naturale”, sia stato un dono gratuito messo a completa disposizione dell’uomo che ne può usufruire a proprio piacimento in una libertà così piena e totale da essere sempre al riparo da qualsiasi responsabilità.

E’ evidente che una malintesa “libertà” di questo tipo può arrivare a tradursi, e facilmente deviarsi, in vera e propria “licenza”; concetto che nulla ha in comune con l’idea originaria di libertà proprio perché è esente dal criterio forgiante della responsabilità.
Lo dimostrano le drammatiche conseguenze pratiche di questo egoistico abuso di centralità perpetrato dall’uomo. Sono gli esiti che vengono ora violentemente alla luce; che sono ormai perfettamente percepibili da tutti e non solo dagli strumenti degli scienziati o dalla raffinata sensi-bilità di qualche solitario innamorato della natura. Esiti travolgenti cui sembra non si possa più sfuggire e che, in altri tempi, sarebbero stati senza dubbio interpretati come “giusta punizione divina” per le offese e gli insulti attuati e reiterati nel confronti del “creato”.

Si dice, principalmente per convocare complici e distribuire colpe, che anche la natura, da par-te sua, dissipa. E dal nostro punto di vista (in fisica “bilancio egoistico”, dove l’ego in realtà siamo tutti noi) è vero: anche la natura spreca. E’ sicuro. Ed è testimoniato dall’incremento inesorabile dell’entropia che ha affiancato, scortandolo, ogni passo dell’evoluzione delle specie vi-venti, fin dai tempi dei tempi, e non solo i nostri impacciati dispersivi movimenti di oggi. E’ il meccanismo stesso dell’evoluzione che, fondandosi sul controllo per via di selezione di qualità apparse più o meno casualmente, e necessariamente ridondanti non essendo governate dal fine, impone l’eliminazione ferma e decisa dell’eccedente; perché non tutto il possibile è utile alla sopravvivenza della specie.

E la natura, che ha le sue regole, applica il meccanismo disponibile nel modo suo proprio; un modo che, a noi, può sembrare la trasposizione cinica e impudente dell’efficienza funzionale: freddo, impartecipe, spietato, senza pentimento, senza l’ombra di ravvedimento, senza nostal-gia, senza dolore. Ma per questo si può dire crudele la natura? Difficile rispondere. Ma se questa è crudeltà, è una crudeltà che non ha nessun legame con la morale; una crudeltà che non vuole, e neppure deve, essere espiata; una crudeltà che non è colpa; una crudeltà che qualcuno ha per-fidamente, ma sapientemente, definito “innocente”.

E che fa parte di un mondo dove la morte, la scomparsa, può essere semplicemente la fase prevista e necessaria di un grandioso progetto ben determinato; oppure il momento finale ma mai conclusivo di un destino ciclico, un piccolo punto su un gigantesco diagramma sinusoidale, oscillazione su oscillazione, onda su onda; e do-ve le cose sono avvolte nella necessità nobilitante che istituisce il sacrificio come metodo rico-nosciuto e condizione essenziale per far nascere il futuro coltivando senza preclusioni né rimor-si il presente del divenire.

O, forse, fa parte di un mondo dove la fine delle cose sta tutta nel loro tranquillo rientrare nel nulla immobile eterno infinito da cui sono emerse senza responsabilità. Oppure, chissà, dove la fine delle cose, degli enti, della possibilità inesauribile degli eventi, sia semplicemente il disapparire dell’immutabile che era improvvisamente apparso a segnare di sé la speranza inestingui-bile del divenire.
Lo so, sono “concetti randagi”. Da un lato in affannata ricerca di nuovi padroni a cui, rinuncian-ti, affidarsi; per saturazione e sfinimento da dubbi confluiti nella resa. Mentre dall’altro lato ap-paiono tormentati e assetati di una libertà mai bastante. Per insaziata volontà di sapere.

E’, forse, qui, che può fare la sua comparsa sparigliante, e per certi versi risolutiva, la scommes-sa irragionevole della poesia che dà immediatamente il senso e la percezione più veri (?) della natura. Ecco due o tre versi del “come al giorno di festa…” (Holderlin “le liriche”) “..La Natura più antica delle età,/ sopra gli Dei d’oriente e d’occidente,/ si è ora risvegliata con un suono d’armi,/ e dall’Etere alto ai fondi abissi/ secondo leggi ferme, come un tempo/ quando la gene-rò il sacro Caos,/ sente in sé nuova/ quella che tutto crea, l’estasi ardente.”
Un noto commento (Heidegger in “Segnavia”) metteva in evidenza che “…la natura non è solo una controparte, ma è ciò che ha essenzialmente la precedenza, in quanto è sempre e innanzitutto ri-spetto ad essa che qualcosa viene distinto, ed è a partire da essa che ciò che è distinto riceve la sua determinazione.”

Dunque, l’arbitraria e forzata separazione materia-spirito, inaugurata da Cartesio per dare conto, con le metodologie della scienza, dell’esistenza dei fenomeni naturali accanto all’eternità dello spirito - ma resa irreparabile con il sigillo di un confinamento immotivato della natura nella prima di queste due artificiose categorie e quindi in secondo ordine e a completa disposizione dello spirito supposto ordinatore - è diventata semplicemente un atto torturante di abuso intellet-tuale, prima ancora che morale. Converrà cercare di sanarlo. Rapidamente.
Perché dopo due secoli, oggi cominciamo anche ad avere delle fragorose rappresentazioni (non neghiamoci qualche telegiornale) di qual è quel “suono d’armi” a cui, secondo il poeta, la Na-tura minacciava di risvegliarsi…poiché l’orbe terrestre si va sfasciando, se mai fu ben compaginato.

*Osservatorio per la Qualità della Vita

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