[01/06/2007] Aria

Sacconi: La sfida sul clima tra Usa e Ue passa dalle nuove tecnologie?

LIVORNO. Gli Usa non ci stanno a non essere loro a dettare le regole. E rilanciano sulle modalità di trovare accordi per contenere non il riscaldamento globale del pianeta, ma più genericamente i “cambiamenti climatici”. Apparentemente solo una modalità diversa di indicare lo stesso problema, in realtà una sottile mossa per cambiare sostanzialmente le modalità dell’agire e per non mettere in discussione ancora una volta l’american style of life. Infatti Bush solo una settimana fa aveva fatto rispondere con un secco no al documento proposto dalla Merkel e che doveva essere la lista degli impegni vincolanti a conclusione del summit dei G8 che si terrà tra pochi giorni in Germania.

Ora invece risponde alla richiesta di impegni vincolistici sui tagli alla Co2, rilanciando con la proposta di un vertice tra i 15 paesi che producono l’80% delle emissioni climalteranti, comprese India e Cina per trovare la strada di risolvere il problema, ma attraverso l’uso della tecnologia. Non un post Kyoto 2012 ma un’altra cosa insomma. Non i tagli alle emissioni che l’accordo prevedeva e dovrebbe continuare a prevedere, ma la tecnologia in risposta ai problemi del pianeta. Non l’Europa a guidare la partita, quindi ma gli Usa.

Si tratta adesso di vedere che effetto avrà questa posizione americana sul vertice dei G8 che si terrà tra una settimana sulla costa baltica, a Heiligendamm. E quali effetti sulla posizione dell’Unione europea. Abbiamo chiesto un parere su questi interrogativi all’eurodeputato Guido Sacconi, presidente della neonata Commissione sui cambiamenti climatici dell’Ue.

Sacconi, come legge la posizione annunciata da Bush?
«Direi un atteggiamento che tatticamente è abbastanza pericoloso e che va incontro ai sospetti che hanno paesi come Cina e India che noi vogliamo frenare il loro sviluppo, mettendo dei vincoli alle emissioni. Dal punto di vista diplomatico è una controffensiva che può aprire una breccia proprio nel ventre molle delle economie in fase di esplosione nei paesi emergenti e anche nei paesi poveri. E quindi far assumere agli Usa il ruolo di paladino di questi paesi.
Ma si può leggere anche come mossa elettorale perché ormai Bush non può più permettersi di far finta che il problema non esiste. Ormai anche Bush non può negare che i cambiamenti climatici sono una realtà e che ci voglia una risposta internazionale. Poi lui propone che sia fuori dall’Onu e da interventi vincolanti, ma comunque la svolta sta nel fatto che non nega più la loro esistenza».

E quali saranno secondo lei le ripercussioni sull’Europa
«L’Europa dovrà rafforzare la sua capacità di proposta anche nei confronti dei paesi ad economia emergente, proponendo maggiori interventi e maggiori scambi per lo sviluppo delle tecnologie innovative. La sfida sul ruolo di leadership sarà
su questo terreno qui. Vedremo adesso come andrà il G8».

Lei è da pochi giorni stato eletto presidente della Commissione europea sui cambiamenti climatici, come si sta muovendo?
«Si è dal 22 maggio che sono stato eletto presidente. Entro luglio avremo predisposto l’agenda di lavoro, così dopo la pausa estiva saremo già in grado di metterci al lavoro»

Torna all'archivio