[29/05/2007] Acqua

Di acque, fiumi e depurazione...

FIRENZE. «L’acqua è poca ossia scarseggia e la papera non galleggia» recitava l’intercalare di un comico in una trasmissione televisiva di qualche tempo fa. E noi aggiungiamo che quando galleggia lo fa in acque sporche. Questo è un aspetto poco trattato della grande “questione acqua” che negli ultimi mesi ha riempito le pagine dei giornali e si è affacciata (sporadicamente) anche sugli altri media. E’ piovuto meno, i consumi crescono, siamo in carenza idrica, e i fiumi soffrono non potendo garantire la loro normale autodepurazione.

Le acque che usiamo e che restituiamo all’ambiente arrivano ai fiumi in forma più degradata dopo una depurazione spesso insufficiente e inadeguata. Addirittura in alcuni casi il depuratore proprio non c’è nonostante che i cittadini, ignari, continuino a pagare la tassa di depurazione. Basta percorrere un fiume o un torrente a caso, anche nella nostra regione, per vedere un numero infinito di tubi che si affacciano in alveo per riversare acque nerastre maleodoranti. Pare evidente a tutti che il problema degli scarti del nostro modello di vita siamo lontani dall’averlo risolto: che si tratti di sacchetti di rifiuti abbandonati per le strade o di liquami che scendono in un corso d’acqua, deve esserci consapevolezza che stiamo vedendo la punta dell’iceberg di un modello da cambiare dalla base.

Ma i fiumi che per loro natura sono abituati a risolversi da soli il problema degli afflussi di materia e di energia, non garantiscono più la loro funzione di autodifesa perché sono stati mal gestiti: arginati, costretti tra territori antropizzati e invase le loro fasce di pertinenza. Spesso è stata eliminata la vegetazione riparia che tra le numerose funzioni svolge l’importante compito di filtro biologico (permettendo una penetrazione selettiva di energia, materia e organismi), trattenendo i nutrienti che giungono al corso d’acqua attraverso le acque di dilavamento superficiale del territorio. Certo, tutto questo per far spazio a città costruite sui fiumi nella “storia”, ma anche ad insediamenti più recenti spesso di tipo produttivo e ad un’agricoltura in gran parte sovvenzionata che produce in eccesso rispetto ai fabbisogni e che si “mangia” lo spazio fluviale (non un metro di terra deve rimanere incolto).

Agricoltori, in questo caso, che non sono manutentori del territorio e che richiedono all’ente pubblico difese spondali (magari cementificate) per la protezione di terreni dalle acque di fiumi che sono stati “violati”: e di nuovo investimenti di soldi pubblici per produrre ulteriori danni all’ecosistema. E’ un meccanismo “vizioso” che deve trovare fine se vogliamo “portare” in Europa i nostri corsi d’acqua. Il 2015 è praticamente domani (entro tale data la Direttiva acque 2000/60/CE e il Dlgs 152/06 prevedono che si raggiunga un buono stato per le acque superficiali e sotterranee).

Sicuramente c’è bisogno di un adeguamento normativo, di investimenti per il settore della depurazione che necessitano di sforzi economici straordinari (che deve assumersi la collettività tutta), ma anche di chiudere i cicli (non sprecando acqua e nutrienti che possono essere riutilizzati), di un più esteso uso di tecniche a basso costo, ormai consolidate (vedi fitodepurazione), che stentano a trovare applicazione anche là dove è possibile (per dimensioni e conformazione orografica), e dove economicamente vantaggioso.

Ci siamo mai chiesti il perché? Allora è necessario soprattutto un salto culturale e prospettico in cui governo del territorio e dei suoi ecosistemi “guidino” l’economia se vogliamo attuare un cambio di rotta. Tutte le acque arrivano al mare e per ora il mare “regge” almeno in Toscana (visti i dati sulla balneazione). Conviene comunque non approfittare.

Torna all'archivio