[25/05/2007] Parchi

Biodiversità, selezione naturale e caccia

Da abitante della campagna ed ex cacciatore vorrei portare un piccolo contributo agli argomenti del vostro articolo sulla sopravvivenza di alcune specie, aggiungendo le seguenti osservazioni. Ho disponibilità di alcuni ettari (quasi 17, di mia moglie ) in Chianti, zona Castellina. La grande maggioranza è bosco ceduo con prevalenza di querceto. Appena 30 anni fa era possibile incontrare tutti i piccoli mammiferi ed uccelli tipici della zona. Adesso si rileva l´estrema rarefazione degli animali autoctoni sostituiti con animali allevati (e liberati con scarsi risultati ) solo delle specie oggetto di caccia.

Una prima causa è certamente il cambiamento dell´habitat agricolo con sviluppo di grandi estensioni di coltivazioni industriali di viti ed olivi nelle quali il terreno tenuto a nudo non permette il pascolo ai piccoli erbivori e mangiatori dei semi delle stesse erbe, inoltre i frequenti trattamenti fitofarmatici hanno una grossa responsabilità nella rarefazione di lepri, topolini, starne e piccoli uccelli. Sarebbe auspicabile che legato al permesso di realizzare estese colture specializzate, le aziende fossero obbligate alle realizzazione di zone naturali dedicate ad habitat delle piccole specie, progettate ad hoc.

Ma c´è un´altra causa ugualmente influente ed è la moda sconsiderata di introdurre specie estranee all´habitat e alla naturale catena predatoria, per il sollazzo di parte dei cacciatori. Mi riferisco ai grandi ungulati, cinghiale in primis. Il cinghiale maremmano ( storicamente assente da secoli da questo territorio ) era di piccola taglia, inferiore ai 60 chili, e poco prolifico, 2 -4 cuccioli.
Adesso ci sono esemplari che superano i 150 chili e che due volte l´anno possono avere cucciolate di 10 -12 porcellini.

Tale prolificità è aumentata dalla disponibilità di cibo perché nei momenti di magra vengono abbondantemente pasturati dalle squadre interessate alla caccia. Ci sono 2-3 squadre di cacciatori per comune che investono grosse cifre ( 100.000,00? euro ) ciascuna in tale attività, Più i cani da 4-6000,00 euro, I S.U.V.le armi e munizioni come quelle militari, il tutto in grado di muovere grossi interessi economici e difficile da contrastare. Il cinghiale durante la notte si sposta per decine di chilometri ed in grossi branchi con un´azione anche meccanica deleteria per il territorio. Per centinaia di metri attorno alle zone di pasturazione il bosco è decorticato, privo di qualunque specie vegetale come erbe, muschio etc.

Si tratta comunque di onnivori ad altro spettro, i quali non disegnano niente nemmeno di vivente. Così fra distruzione di covate e nidiate a terra, piccoli mammiferi e rettili vengono eradicati direttamente con la predazione, ed indirettamente con la pressione sul cibo (Chiocciole, ghiande, frutta selvatica, bacche, pinoli....)

Cervi, dei quali capriolo e daino (sovrabbondanti), distruggono il sottobosco togliendo oltre che il novellame vegetale anche cibo ai piccoli uccelli e roditori, perché riducono o estirpano cespugli producenti bacche adatte per la loro dieta.

I predatori naturali degli ungulati citati sono il lupo ed i grandi felini, ma è impensabile reintrodurli in un territorio densamente e diffusamente antropizzato. Dobbiamo auspicare l´arrivo dell´afta epizootica? No, certo, ma senza selezione naturale (insostituibile dalla caccia) e sovrappopolazione arriverà certo, più prima che poi.

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