[18/05/2007] Consumo

Inverno caldo, meno consumi: un bene o un male?

LIVORNO. Il caldo disorienta i bilanci, titola oggi il Sole 24 Ore. Ma non solo quelli, aggiungiamo noi. Il caldo, da leggersi come cambiamenti climatici, sta infatti facendo registrare un forte calo (1.6%) delle entrate nelle tasche delle società energetiche italiane. Soffrono le municipalizzate e le aziende del gas (si parla di un crollo della domanda nei primi tre mesi dell’anno del 12.4%). Piange anche il fisco, che ha avuto meno gettito di quanto prevedeva. Li chiamo i “costi di Kyoto”, ma non sono quelli legati ai vincoli del protocollo, bensì alle conseguenze dirette del global warming.

La questione, dunque, è seria e la domanda è: ma queste conseguenze sono un bene o un male? Abbassare i consumi, si potrebbe dire con un buon argomento, è uno degli obiettivi dello sviluppo sostenibile. E quindi: il riscaldamento climatico che ha come effetto la riduzione dell’uso del metano e dell’elettricità, è una cosa positiva?

Oppure, l’economia rischia di andare in crisi perché si abbassano i consumi e quindi sarebbe meglio in qualche modo aumentarli? E c’è anche un altro punto di vista, dove le contraddizioni non mancano lo stesso. Come stanno, infatti, queste valutazioni del Sole 24 Ore con le azioni di governo che proprio indicano e obbligano al risparmio energetico? Se si risparmia troppo, forzando il concetto, c’è il rischio che l’economia ne risenta? E ancora: giù i consumi, giù (almeno così dovrebbe essere) le bollette e quindi la temperatura che si alza ci farebbe anche spendere di meno?

Le contraddizioni, come si vede, ci sono e questo è uno dei casi in cui se ci si ferma ad una visione limitata e non olistica della questione si rischia davvero di perdere la bussola. Cerchiamo allora di rimettere almeno un po’ d’ordine. Il riscaldamento della terra è per gran parte causato dall’attività antropica. Quindi non è affatto una cosa naturale. L’equazione più caldo meno consumi può valere d’inverno, ma appena la temperatura salirà oltre i 25 gradi il caldo stesso porterà all’accensione di condizionatori-ventilatori-climatizzatori senza soluzione di continuità fino magari a ottobre inoltrato (vedi il 2006). Assai probabile che, alla fine dei conti, se le due cose non si compensano poco ci manchi. Il riscaldamento globale, come noto, ha poi altre pesanti conseguenze sull’economia, ma anche – per non dire soprattutto – sulla salute. Parliamo di qualità dell’aria, di emergenza idrica. E quindi di agricoltura e di alimentazione, specialmente nel sud del mondo. Per non dire dell’innalzamento del mare e della sua tropicalizzazione.

Concludendo, senza però voler semplificare la questione che è assai complessa, ma cercando comunque di guardare la cosa dal punto di vista della sostenibilità, pensare al caldo come a un pericolo per la riduzione dei consumi di energia, o per contro come una manna dal cielo proprio per ridurli, sarebbe a dir poco riduttivo. Ma questo serve soprattutto a capire quanto possa essere forviante guardare alle questioni ambientali fissando l´attenzione solo su un aspetto.

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