[18/05/2007] Comunicati

Ambiente e salute. Rischi e percezione dei rischi

LIVORNO. Secondo l´European Transport Safety Council, l´Italia è al 14esimo posto nella classifica sulla sicurezza stradale dei paesi europei ed è sopra la media della mortalità europea del 13% . I dati forniti oggi in occasione dell’apertura della prima settimana mondiale delle Nazioni unite per la sicurezza stradale, sono impressionanti: gli incidenti stradali sono la prima causa di morte per i giovani di età compresa tra i 15 e i 19 anni. Diventano la seconda causa di morte per i bambini tra i 10 e i 15 anni e per gli uomini tra i 20 e i 25 anni. Secondo i dati dell’Oms ogni anno sono circa 1,2 milioni le persone che muoiono nel mondo a causa di incidenti stradali e molte di più quelle che rimangono ferite o invalide.

Le nostre città hanno un livello di rischio sensibilmente superiore a quelli di Parigi, Londra, Stoccolma, Madrid o Barcellona e sono, in assoluto, le più pericolose d´Europa, con tassi di crescita - dal 1970 a oggi - continui e impressionanti: i morti hanno subito un incremento del 107% e i feriti del 564%. E i costi sociali di queste stragi? Le stime Aci-Istat indicano un costo sociale di 33.706 milioni (il 2,5% del PiI) per il 2004 e di poco inferiore (32.416 milioni ovvero il 2,4% del PiI) per il 2005. Queste cifre comprendono i costi materiali (assicurativi, amministrativi, giudiziari e di polizia) e umani (mancata produzione presente e futura di persone morte e ferite, costi sanitari, danno biologico relativo alla gravità delle invalidità e danno morale per superstiti e familiari).

Viene da chiedersi, allora, come mai non vi sia alcun movimento civico che chieda a gran voce di frenare queste stragi, che non riguardano solo il sabato sera e che mietono vittime al pari di una guerra. E come mai quando si chiedono interventi, questi sono in genere volti ad ottenere più strade, o ad eliminare elementi di ingombro , quali alberi e guard rail, per evitare il pericolo di eventuali scontri. Dimenticando che l’eliminazione degli “ingombri” significa anche poter aumentare la velocità anziché tendere a diminuirla e quindi ridurre nei fatti la sicurezza.

E viene anche da chiedersi, perché non via sia alcun movimento per esigere maggiore offerta di mezzi pubblici collettivi – statisticamente più sicuri - per garantire la mobilità urbana ed extraurbana, che dai dati, molto più di quella autostradale, è causa di vittime. Così come quasi assenti sono i movimenti civici che nascono per reclamare la realizzazione di reti di piste ciclabili capaci di garantire un mobilità alternativa all’automobile, in città come sui percorsi extraurbani.

Insomma viene da chiedersi perché quando si interviene, giustamente, per denunciare la grave piaga degli incidenti sulla strada si dimentica che sono le strade e le auto che le percorrono le cause principali di incidenti, su cui certamente si innescano le altre dinamiche (umane, psicologiche, comportamentali) che vengono richiamate nei rapporti presentati in questi giorni della settimana della sicurezza sulle strade. E si dimentica anche che diminuire l’uso dell’auto privata porterebbe anche un enorme vantaggio in termini di miglioramento della qualità dell’aria che respiriamo, contribuendo così sia a ridurre i costi sociali che le patologie legate all’inquinamento le quali, a loro volta, vanno a sommarsi a quelle causate dalle stragi che ogni giorno avvengono sulla strada.

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