[18/05/2007] Rifiuti

Le bioplastiche per un mondo più sostenibile

FIRENZE. Al seminario “La sfida delle bioplastiche” che si è svolto nei giorni scorsi a Firenze, sono emerse chiaramente due esigenze che indurrebbero ad incrementare la filiera delle bioplastiche, anche attraverso una maggiore integrazione tra i vari soggetti direttamente interessati: da una parte la necessità di ridurre lo scarto organico da avviare a discarica, dall’altra l’ingresso degli imballaggi compostabili nel settore del compostaggio per l’ottenimento di un prodotto di qualità.

«Il D.lgs n.36/2003, cioè l’attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, pone obbiettivi e scadenze per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica- spiega Andrea Borselli di Toscana ricicla - entro il marzo 2008 i Rub devono essere inferiori a 173 Kg/anno per abitante e entro il marzo 2011 devono essere inferiori ai 115 Kg/anno per abitante. I Rub collocati in discarica in Toscana nel 2002 sono stati pari a 150 Kg/anno per abitante».

Borselli poi fornisce dati più recenti per la Toscana. Nel 2005 sono poco più di 131mila le tonnellate di scarto organico umido e quasi 106 tonnellate di sfalci e potature. L’80% di questo materiale è stato trattato in impianti pubblici per una produzione di compost di qualità per 60.000 tonnellate. «A regime - continua Borselli - con gli obiettivi di raccolta differenziata al 55%, la produzione di compost di qualità sarà pari a circa 120 mila t/anno». Già, la qualità del compost spesso è stata un problema, ma da qualche mese esiste una novità.

«A novembre scorso abbiamo presentato il marchio di compostabilità dei manufatti compostabili - informa Massimo Centemero del Consorzio italiano compostatori - il marchio sarà rilasciato alle aziende e ai prodotti che dimostreranno di possedere i requisiti tecnici (degradabilità effettiva nella filiera del compostaggio e compatibilità ambientale) idonei al recupero come ammendante compostato».

«Si tratta di una novità assoluta - continua Centemero - che offre un’opportunità al produttore di bioplastiche ma, soprattutto, offre garanzie al consumatore che immette il manufatto di chiara origine biologica nel circuito del compostaggio certo di un effettivo recupero».

Tra le aziende leader nella produzione di bioplastiche vi è Novamont il cui principale prodotto è il Mater–Bi (in molti ricorderanno la Green pen scelta al vertice di Rio del 1992 come simbolo di prodotto attento ai temi ambientali) che nasce da amido di mais non geneticamente modificato. Sottolineando gli investimenti in ricerca dell’azienda, il direttore marketing di Novamont Marco Versari si sofferma sulla nuova biorafffineria di Terni: «è un nuovo modello di sviluppo industriale sostenibile in grado di contribuire al rilancio dell’economia italiana, di coniugare la crescente domanda di qualità ambientale con la competitività di impresa e di fornire risposte concrete alle problematiche delle risorse petrolifere».

La bioraffineria di Terni utilizzerà oltre ad amido di mais, oli vegetali. In collaborazione con la Coldiretti è stata costituita una società paritetica tra Novamont e una cooperativa locale di agricoltori (saranno 800mila gli ettari di terreno a colture di mais e oleaginose destinate a fini energetici). In questo modo la bioraffineria massimizza la specializzazione delle colture, utilizza gli scarti e accorcia la filiera. «La bioraffineria - continua Versari - è molto di più di un innovativo insediamento industriale: è piuttosto espressione di un nuovo modo di intendere economia, territorio e ambiente».

L’altro big del settore è la NatureWorks che produce bioplastiche da zucchero di mais (la sede principale dello stabilimento è in Nebraska, paese ricco della materia prima). «Le Lca (Life cycle assessment) realizzate su vari prodotti - afferma Stefano Cavallo - mostrano che rispetto alle materie plastiche tradizionali, l’uso di NatureWorks comporta un minor consumo di combustibili fossili (dal 30% al 50% in meno) e minori emissioni di gas ad effetto serra (riduzione del 68%)».

Anche la grande distribuzione è estremamente interessata al settore «il valore più importante delle risorse rinnovabili- sottolinea Ulisse Pedretti di Coop Italia - è la possibilità di non contenere feedstock fossile in quanto derivate da risorse vegetali (vedi l’importanza per l’abbattimento di CO2 ad esempio), ed il nuovo e decisivo passo sarà quello di ridurre la dipendenza dal fossile anche nell’energia di processo, dove si colloca il contenuto fossile anche dei Bps di fonte rinnovabile. Il ricorso all’abbattimento della CO2 fossile - conclude Pedretti - è già possibile ora utilizzando ad esempio crediti per uso di energia da fonte rinnovabile».

Torna all'archivio