[17/05/2007] Comunicati

Un anno di Prodi: ritardi e insufficienze ma rispetto a Berlusconi è tutta un´altra storia

LIVORNO. Il governo Prodi compie oggi un anno e una ricerca condotta da Ipsos per conto del Sole 24 ore, su un campione di italiani e sulla base di alcuni argomenti presi a riferimento, lo reputa valutabile con un 5: insufficiente quindi, ma con buone probabilità di rimediare, rimanendo in un linguaggio scolastico.

Tranne che sull’aspetto delle liberalizzazioni, dove il plauso è oltretutto bipartisan tra gli elettori dell’unione e quelli della casa della libertà, gli argomenti indagati dall’Ipsos riflettono un paese che nutre una diffusa insoddisfazione nei confronti dell’attuale governo. Non compaiono però tra i temi su cui l’Ipsos ha condotto il sondaggio, quelli che riguardano da vicino le tematiche ambientali. L’unico riferimento, peraltro non diretto nella domanda, è alle grandi opere, dove si rileva che la scelta di abbandonare il progetto del ponte sullo stretto di Messina, è valutata positivamente (64% in totale) e riguardo alla Tav, convince la posizione assunta di realizzare l’opera ma con il coinvolgimento delle realtà territoriali.

Volendo fare un bilancio, invece, proprio sulla capacità dimostrata dal governo Prodi di ancorare la ripresa economica del Paese ai temi della sostenibilità e provare quindi ad impostare la conversione dell´economia in chiave ecologica, se il risultato non è certo ancora soddisfacente, si può dire però che qualche passo nella direzione giusta si è cominciato a fare. E anche con qualche risultato.

In ogni caso, quello che emerge con chiara evidenza è un segnale di inversione netto rispetto alle politiche ambientali impostate durante il governo Berlusconi, che hanno prodotto una sorta di “smontaggio” di quanto fatto in precedenza dai governi di centrosinistra. A partire dal testo unico ambientale, per arrivare al commissariamento di tutti i parchi nazionali. Certo tra le dichiarazioni di intenti scritte sul programma dell’Unione e i fatti realizzati c’è ancora distanza, ma che potrebbe- nemmeno troppo difficilmente- essere colmata, magari con una maggiore coesione all’interno della maggioranza stessa e un minor tentennamento nel prendere decisioni e nel dare seguito poi ai relativi provvedimenti, evitando il più possibile le incompiute.

Come la questione del contributo Cip6 ad esempio, o i decreti tecnici necessari per rendere attuativi molti degli interventi previsti in finanziaria.

Ma non vi è dubbio, ad esempio parlando di finanziaria (e lo abbiamo scritto in occasione della sua definizione) che quella approvata per l’anno in corso, che è stata il principale motivo di caduta di consenso nell’opinione pubblica per il rigore fiscale che imponeva, sia stata invece, secondo noi, una manovra apprezzabile per lo sforzo di inserire la leva fiscale in chiave di sostenibilità. Dagli sgravi per l’edilizia più efficiente dal punto di vista energetico, a quelli per motori e apparecchiature elettroniche più ecoefficienti sia per le imprese che per i cittadini. E sempre sull’efficienza energetica non è da poco aver varato un piano volto all’innovazione tecnologica e alla ricerca nel settore industriale, che va proprio in questa direzione.

Magari si può dire che è un anatra zoppa perché a fianco dell’efficienza e del risparmio di energia non si è considerato di incentivare anche l’efficienza e il risparmio di materia, che è l’altro corno del problema se si vuol compiutamente aggredire l´attuale metabolismo economico e industriale. Ciò che si è fatto tuttavia è importante per avviare la riconversione ecologica dell’economia e basare il recupero della competitività sulla base delle migliori prestazioni ambientali. E dà corpo al titolo scritto sul programma che : “la qualità della nuova economia si fonda sulla conoscenza e sull’innovazione”.

Certo non sono assenti le ombre, per poter dare ancora piena sufficienza sul versante della sostenibilità a questo governo: quella più ampia riguarda senza dubbio il ritardo con cui si sta procedendo alla revisione del testo unico sull’ambiente, che pur rappresenterebbe, invece, una priorità : per avere una base di certezza nell’operare, sia dal versante imprenditoriale sia da quello istituzionale e dei controlli. Come ritardi si possono rilevare in tanti altri settori, dai trasporti alla politica dei parchi, dove è iniziata l’inversione di tendenza ai commissariamenti con la nomina dei presidenti, ma che non è ancora definitivamente compiuta. Molto poco si è fatto sul versante mare, dove si è lavorato più con l’effetto annuncio, a partire dalla variazione (giusta) del titolo del ministero dell’ambiente e del territorio aggiungendo anche il mare, voluta dallo stesso ministro in carica, che non per interventi concreti messi in cantiere.

Dimenticato nei meandri del ministero il monitoraggio sull’ecosistema marino, ferma la politica delle aree marine protette, che hanno ricevuto anche minori finanziamenti, rimasta al palo, o meglio al tavolo che è stato costituito con tutti gli attori, la politica per la nautica sostenibile. Ed è forse proprio questa la principale trappola in cui il governo dovrebbe evitare di cadere: l’effetto annuncio cui non conseguono fatti concreti e realizzati.

Ora è comunque sulla politica energetica, che questo governo può giocarsi molto del suo futuro. A partire da come verrà gestito il piano delle emissioni che ha avuto un parere positivo pur con riserva e osservazioni da parte dell’Unione europea.

Anche in questo caso la distanza con il precedente governo, che fece un piano con limiti molto più generosi (tanto da essere rispedito al mittente dalla commissione Ue), è evidente. Ma occorre un taglio ulteriore perché vi sia l’approvazione definitiva da parte di Bruxelles. E definire dove operare questo taglio, non è questione retorica nè circoscrivibile alle sole emissioni della industria manifatturiera. E significherà scegliere se affrontare la strada del futuro non solo energetico ma anche di innovazione tecnologica e di nuova occupazione, rinunciando a tecnologie obsolete come quelle basate sul carbone e puntando invece sulle rinnovabili ( anche se con il gas come fonte transitoria); oppure quella di rimessa, che nella ricerca del mantenimento del mix energetico, sceglie di pagare le multe per non aver rispettato gli impegni di Kyoto, redistribuendole nelle bollette dei cittadini.

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