[11/05/2007] Urbanistica

Il mattone non tira più? Basta andare a costruire un po´ più in là

LIVORNO. L’ultimo rapporto delle camere di commercio della Toscana, presentato ieri in occasione della Giornata dell’economia e riferito all’andamento demografico delle imprese tra il 2000 e il 2006 mostra un risultato facilmente constatabile anche a senso: in linea con l’andamento nazionale a fronte di un calo generalizzato del settore manifatturiero (ma anche di quello agricolo), l’ago della bilancia è stato trainato verso l’alto soprattutto grazie all’incremento nel settore delle costruzioni (che in sei anni ha aumentato di oltre un punto percentuale il proprio peso nell’economia regionale, sia in termini di unità sia di occupazione) e in quello immobiliare.

Una situazione che però potrebbe essere a un bivio già da quest’anno: il settore edile toscano potrebbe infatti subire un rallentamento a seguito di due fattori, quello intrinseco legato a una più forte attenzione ai progetti urbanistici da parte delle istituzioni dopo i recenti casi scoppiati a Monticchiello e in altre zone della Regione. E’ già pronta e ha ricevuto oggi un primo via libera in commissione Territorio e ambiente una bozza di proposta di legge che interviene sulla normativa regionale sull’urbanistica, traducendo di fatto in legge la risoluzione che il Consiglio regionale ha approvato contestualmente all’adozione del Pit (Piano di indirizzo territoriale) lo scorso aprile. Risoluzione che impegnava la Giunta a rafforzare le norme per «bloccare i provvedimenti urbanistici che presentino situazioni di incompatibilità o contrasto rispetto al piano di indirizzo della Toscana».

D’altra parte gli analisti non nascondono preoccupazioni sul fronte estero, con lo sboom del mercato immobiliare americano che potrebbe avere presto conseguenze anche nella vecchia Europa.

Nella vecchia Europa, perché in quella più nuova - quella dei Paesi dell’est - gli investimenti esteri sul mattone segnano una rincorsa senza fine: nel 2006 sono stati 22400 gli immobili acquistati all’estero dagli italiani, con un incremento del 18,5% dell’anno precedente. E il 22% del totale degli investimenti italiani all’estero sul fronte costruzioni è in Europa dell’Est, con Bulgaria e Romania letteralmente prese d’assalto perché già entrati nell’Unione europea e per i quali si prevede una più facile marcia di avvicinamento ai valori dell’euro.

Il rischio è quello di replicare in questi Paesi un modello che l’Italia ha attraversato qualche decennio fa in epoca di edilizia selvaggia, ritrovandosi oggi a fare i conti con problemi sia di quantità che di qualità.

(Nella foto nuove "villette" nella periferia di Timisoara in vendita presso un´agenzia immobiliare italiana)

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